Home Ambiente e Sostenibilità Biosensori, luminescenze e tecnologia per combattere la grande sete

Biosensori, luminescenze e tecnologia per combattere la grande sete

«Il dramma idrico, che incombe su larga parte dell’economia tutta ed agricola, in particolare, del Centro-Sud, è il prologo a nuove guerre dell’acqua, di cui l’immagine dei capi animali, abbattuti in Sicilia per l’impossibilità di alimentarli, è la fotografia più tragica. È evidente che è a rischio la tenuta sociale del Paese oltre che quella della filiera del cibo. La storia climatica recente insegna che quanto si sta ora registrando al di sotto della linea appenninica potrebbe ripetersi tra pochi mesi al Nord, dove la ridotta presenza di bacini impedisce di tesaurizzare la sovrabbondanza idrica di quest’anno»: ad evidenziarlo è Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi).

La denuncia

«Da anni stiamo denunciando l’evolversi delle conseguenze della crisi climatica e il nostro modus operandi è sempre quello di proporre soluzioni concrete ai problemi emergenti: dal Piano di efficientamento della rete idraulica al Piano invasi, dal miglior consiglio irriguo di Irriframe alla certificazione di sostenibilità idrica Goccia verde. In questo solco si posizionano le recenti sperimentazioni condotte da Università di Bologna e Consorzio Cer-Canale emiliano-romagnolo nel Centro di ricerca Acqua Campus e al centro del progetto comunitario Farmwise», aggiunge Massimo Gargano, direttore generale di Anbi.

Lo studio

Si tratta di una ricerca triennale, finanziata con 6 milioni di euro dalla Commissione europea e di cui è capofila, l’Università svedese di Lund (oltre all’Italia sono coinvolti Paesi Bassi, Polonia, Spagna, Regno Unito, Ucraina, Finlandia). Le prime risultanze riguardano biosensori capaci di individuare inquinanti nelle acque, fondamentali soprattutto nella prospettiva di maggiore utilizzo delle acque reflue, fortemente sollecitata dall’Unione europea. «Le acque reflue possono essere un’utile integrazione irrigua, di cui però chiediamo la certificazione di salubrità per uso alimentare. I sistemi permetteranno a ogni agricoltore, ma anche ai cittadini, di monitorare la qualità dell’acqua utilizzata», indica Vincenzi.

I filoni

Sono tre i filoni di ricerca del progetto Farmwise, di cui si inizia ora la “disseminazione” in Italia. Il primo riguarda biosensori “green” a basso costo (simili alle cartine di tornasole) per il rilevamento di microplastiche, inquinanti organofosfati, contaminazione microbica e mercurio in acqua. Ci sono poi i sistemi di miglioramento del suolo e dell’acqua, basati sull’utilizzo di “biochar”, un materiale derivato dal carbone vegetale e ottenuto tramite la pirolisi di biomassa. Il “biochar” ha dimostrato proprietà di assorbimento di agenti inquinanti, come nitrati e fosfati, registrando un abbattimento dell’azoto fino all’80%; poi può essere usato come ammendante agricolo, chiudendo il cerchio d’uso circolare. Infine, si stanno approntando nuove piattaforme per l’utilizzo di indicatori sulla gestione idrica sostenibile: grazie all’utilizzo di dati satellitari, database e intelligenza artificiale è possibile sviluppare indicatori per l’impatto della fertilizzazione sulla qualità dell’acqua e sul rischio di inquinamento da lisciviazione.

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