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lunedì 7 Ottobre 2024
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Chironna: «Niente cenoni. Sì al lockdown dei no vax»

«Dal nostro osservatorio abbiamo la percezione di essere arrivati quasi al 70 per cento di casi da Omicron». Maria Chironna, coordinatrice regionale dei laboratori Sars-Cov2 della Puglia e responsabile del laboratorio di Epidemiologia molecolare del Policlinico di Bari, arriva dritta al punto nel commentare la velocità di circolazione della variante sudafricana. «Siamo passati dal 25 per cento registrato il 20 dicembre a una cifra che supera sicuramente il 50. Con la survey del 3 gennaio avremo dati ancora più precisi», annuncia la virologa.

Professoressa, quanto è pericolosa la variante, specie per chi non si è sottoposto al siero anti – Covid?
«Sembrerebbe che la sintomatologia sia meno impegnativa e che per la maggior parte si tratti di casi asintomatici. Ma è chiaro che questo è sicuramente più vero per i vaccinati, mentre non lo è per i non vaccinati. Per loro non è una passeggiata. Questo è il messaggio che passa perché a fronte di un’ampia diffusione della variante notiamo forme più leggere, ma c’è una fetta di popolazione che non ha un’immunità tale da essere protetto nei confronti dell’infezione e della malattia».
Il governo si orienta verso una riduzione della quarantena per i contatti dei positivi e una modifica delle regole del contact tracing.
«Indubbiamente questa ondata epidemica impone una rivisitazione della durata dell’isolamento. Nei prossimi giorni potrebbero essere sottoposti a provvedimenti di quarantena davvero migliaia e migliaia di persone e questo significa bloccare molte attività. Però è altrettanto vero che l’isolamento dei contatti stretti con il successivo accertamento diagnostico è l’altra arma che abbiamo per interrompere le catene di contagio. Bisogna trovare un buon compromesso in termini di giorni e ragionare per categorie di lavoratori: per i soggetti che ovviamente lavorano in attività essenziali si potrebbe pensare a una sospensione del provvedimento e fare un discorso sul numero di dosi ricevute, prevedendo una quarantena per chi ancora per esempio non ha fatto la terza dose e tenendo conto delle condizioni di base dei singoli, come i pazienti fragili».
A ridosso delle festività e durante gli ultimi giorni si è registrato un boom di tamponi rapidi “fai da te”. C’è da fidarsi?
«In questo momento danno un rischio enorme di falsi positivi, inoltre molti focolai e casi si stanno verificando tra coloro che hanno eseguito un tampone antigenico risultato negativo, per poi sottoporsi a test molecolari con esito positivo. Oggi come oggi il sistema sanitario non può rispondere in maniera del tutto capillare a esigenze diagnostiche con i test molecolari, per cui quelli antigenici possono avere una loro utilità se utilizzati però in maniera adeguata. È meglio usarli che non usarli, certo, ma devono essere eseguiti correttamente da personale addestrato e con la giusta tempistica. Se una persona pensa di risolvere il problema con un test rapido il giorno successivo il contatto con un positivo non ci ha capito molto: sappiamo che è necessario che passi qualche giorno. Farlo in questa maniera indiscriminata per poter andare alle feste piuttosto che nei luoghi di ritrovo al chiuso ha prodotto in parte la situazione in cui ci troviamo. In molti hanno pensato di fare i test antigenici per avere un lasciapassare».
Quanto sarà necessaria una quarta dose di vaccino?
«Mi aspetto che le nuove indicazioni del Mistero della Salute prevederanno una quarta dose, a una distanza più ravvicinata rispetto ai 6 e poi 5 mesi. In questa ondata molti soggetti, come gli operatori sanitari, hanno fatto la terza dose tardi, quando erano passati già 7-8 mesi dalla prima. Per il momento non ci sono documenti ufficiali ma non escludo che arrivino il prossimo anno e che faremo una quarta dose a scadenza ravvicinata: resta l’unico modo per proteggersi nei confronti delle forme severe. Si sta generando un nuovo scetticismo nei confronti dei vaccini, ma dobbiamo essere pronti a sottoporci anche a una quinta dose se ce ne sarà bisogno. È urgente rallentare la corsa del virus perché abbiamo davanti a noi ancora quattro mesi invernali».
Sarebbe favorevole a un lockdown per i non vaccinati?
«Vanno messe in campo misure di contenimento drastiche: sicuramente una limitazione della circolazione dei soggetti non vaccinati o che non hanno effettuato le dosi previste di richiamo potrebbe essere presa in considerazione. Possiamo chiamarlo come vogliamo, compreso lockdown, ma deve essere impedito loro di poter rappresentare una fonte di contagio. Ricordiamoci che sono quelli che rischiano di sviluppare le forme più gravi e di finire in ospedale e occupare le terapie intensive».
Capodanno è alle porte. Consigli?
«Insisterei sulla ventilazione degli ambienti, forse una delle precauzioni che non è mai passata come raccomandazione, così come avrebbe dovuto. Così si può ridurre il rischio nei luoghi chiusi e parlo anche di quelli domestici. Come consiglio per il 31 dicembre, direi di aprire le finestre di casa periodicamente, ma ancora meglio sarebbe evitare del tutto il cenone. Bisogna essere realisti e guardare alla situazione epidemiologica. È una raccomandazione di buon senso: i festeggiamenti di fine anno vanno fatti con il nucleo minimo familiare».

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