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sabato 27 Luglio 2024
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In Puglia il 19% degli anziani è depresso

Tre indicatori su cinque mostrano che in Puglia gli anziani depressi hanno una peggiore qualità di vita rispetto ai dati nazionali. Nel mese precedente l’intervista gli anziani depressi che hanno risposto alle domande hanno dichiarato di aver vissuto mediamente 12 giorni in cattiva salute contro il 9,4 nazionale; 16,9 il numero medio di giorni in cattiva salute psichica (15,2 nazionale), 9,8 il numero medio di giorni con limitazione delle attività quotidiane (7,6 nazionale). Per quanto riguarda i sintomi di depressione, il dato pugliese è migliore di quello italiano: 4,5 contro 6,2; mentre le richieste di aiuto sono più o meno in linea con quelle nazionali: 64 contro 61,7.

I dati sono pubblicati sul portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica (Epicentro) e riguardano gli anni 2017-2020 sulla depressione relativa alla popolazione adulta (18-69 anni) e alla popolazione ultra 65 anni contenuti nel report “Passi d’Argento”. In Puglia, presentano sintomi di depressione il 4,5% della popolazione adulta (6,2% a livello nazionale) e il 19% della popolazione anziana (12,8% a livello nazionale). 
Nel report si legge che: «Dai dati PASSI 2017-2020 emerge che in Italia una quota contenuta di adulti (il 6%) riferisce sintomi depressivi e percepisce compromesso il proprio benessere psicologico per una media di 15 giorni nel mese precedente l’intervista (meno di 2 giorni per le persone senza sintomi depressivi). Fra queste persone, oltre alla salute psicologica, anche quella fisica risulta decisamente compromessa: nel mese precedente l’intervista chi soffre di sintomi depressivi ha vissuto mediamente 9 giorni in cattive condizioni fisiche (2 giorni riferiti dalle persone libere da sintomi depressivi) e quasi 8 con limitazioni alle abituali attività quotidiane (meno di 1 giorno riferito dalle persone senza sintomi depressivi)».
Sempre nel report è descritto lo stato dell’arte rispetto alla condizione dell’anziano che soffre di depressione. «I sintomi depressivi sono più frequenti all’avanzare dell’età (sfiorano l’8% fra i 50-69enni contro il 5% fra i 18-34enni), nella popolazione femminile (8% contro il 5% fra gli uomini), tra le classi socialmente più svantaggiate per difficoltà economiche (15% in chi riferisce molte difficoltà economiche a fronte del 4% di chi non ne ha) o per bassa istruzione, tra chi non ha un lavoro regolare continuativo (8%), fra chi riferisce almeno una diagnosi di patologia cronica (13% e 5% fra chi non ne ha) e fra chi vive da solo (8%). Solo il 62% degli intervistati che riferiscono sintomi depressivi ricorrono all’aiuto di qualcuno, rivolgendosi soprattutto a medici/operatori sanitari».
La variabilità regionale non descrive un chiaro gradiente geografico, e negli ultimi anni si osservano prevalenze di sintomi depressivi mediamente più alte nelle regioni settentrionali e minori nelle Regioni del Centro Italia. Tuttavia, non mancano eccezioni e alcune Regioni, come Sardegna, Molise, Campania e Umbria si caratterizzano per la più alte prevalenze di sintomi depressivi, indipendentemente dalla composizione per età delle loro popolazioni.
Gli andamenti nel tempo mostrano dal 2008 una riduzione lenta, ma continua della prevalenza dei sintomi depressivi in tutte le aree del Paese fino almeno al 2014-2015 ma da quel momento i dati sembrano stabilizzarsi, tranne nelle regioni settentrionali dove si registra un’inversione di tendenza verso l’aumento. Sarà necessario leggere anche alla luce del dato 2020 e di un eventuale impatto dell’emergenza sanitaria da COVID-19 il trend degli ultimi anni e monitorare nel tempo quanto accade nei diversi sottogruppi della popolazione, soprattutto fra i più vulnerabili o i più esposti agli effetti socio-economici di questa crisi pandemica.

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