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Il teatro della materana Adele Paolicelli che «dà voce alle donne che non ce l’hanno fatta»

In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne che si celebra il 25 novembre, la tematica entra in maniera inedita anche nelle scuole. Accade grazie allo spettacolo teatrale “Mai più come lei”, pièce teatrale di e con Adele Paolicelli, regista e autrice materana, che il 29 novembre alle 9 si terrà al Cineteatro “G. Guerrieri” di Matera.
Liberamente ispirato al libro di Serena Dandini “Ferite a morte”, pubblicato da Rizzoli nel 2013, lo spettacolo, pensato per il teatro, arriva a scuola grazie alla collaborazione con il liceo “Tommaso Stigliani” di Matera, arricchendosi degli intermezzi musicali a cura del professor Angelo Basile al pianoforte. Dieci monologhi per dieci storie di donne diverse, provenienti da ceti sociali, contesti culturali, esperienze e contesti geografici differenti, legate dal triste comune denominatore dell’essere tutte vittime di femminicido. «Uno spettacolo nato per dare voce a donne che non ce l’hanno fatta», come lo ha definito Paolicelli, costruito intorno ai reading, alla recitazione e alla musica che riesce a smorzare la tensione creata dai racconti «ironici e a volte crudi», lasciando l’emozione libera di serpeggiare tra il pubblico per indurre alla riflessione.
L’opera, già pronta per l’ingresso a teatro, è stata intercettata dal Centro Italiano Antiviolenza Athena, che ne ha fortemente voluto la diffusione anche a scuola con l’obiettivo di rendere la discussione intorno alla violenza di genere costruttiva. Per il pubblico adulto, delle repliche saranno presto messe a calendario. Ma di che storie si tratta? «Sono tutto quello che sentiamo quotidianamente al tg – ha dichiarato la regista e autrice -, tutto quello che conosciamo fin troppo bene di questa piaga che non accenna a diminuire. Ho voluto rendere nel mio spettacolo la condizione della donna in assoluto, saltando da un ceto all’altro, da un livello culturale all’altro, tra diverse nazionalità, per mostrare la maledetta universalità del femminicidio». L’idea di utilizzare il teatro come mezzo per dare modo al messaggio di arrivare nel modo più trasversale e diretto possibile arriva dalla consapevolezza di una sensibilità tra uomo e donna sul tema che inevitabilmente presenta delle differenze, che tuttavia l’arte può aiutare a sormontare: «È doveroso, nell’artista, farsi una domanda sull’uomo che mi sta ascoltando: deve avvenire anche in lui qualcosa, non possiamo assolutamente rivolgerci solo alle donne. Se stiamo parlando di sensibilità, di comprensione e di empatia totale a quello che si racconta, è naturale che una donna capti e a empaticamente meglio quello cui assiste. Ma questo non vuol dire che gli uomini ne siano esclusi, anzi. Il teatro è grande scuola da questo punto di vista».

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