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Summa (Spi Cgil Basilicata): «La sanità sempre più in basso, confidiamo nella magistratura»

Si sono chiuse il 12 aprile le indagini preliminari sull’inchiesta relativa alla sanità lucana: l’avviso di conclusione ha raggiunto i 30 indagati, tra cui il governatore Vito Bardi. La palla ora passa alla magistratura e la Spi Cgil lucana, nelle parole del segretario regionale Angelo Summa sostiene come «se confermate, le accuse contestate sul modus operandi di questo governo regionale sarebbero gravi». Il sindacato dei pensionati si dice inoltre fiducioso nell’operato della magistratura affinché si faccia la massima chiarezza sulla sanità in Basilicata: «In questi anni abbiamo denunciato e sollevato dubbi di legittimità su molti atti adottati dal presidente Bardi. Lo stato di caos che si registra sul territorio, soprattutto in materia di sanità, è evidente», commenta Summa e aggiunge: «Il sindacato è stato l’unico ad aver denunciato la stortura dell’adozione del regolamento per l’ordinamento amministrativo della giunta che accentrava poteri e funzioni in seno al gabinetto della presidenza con una inevitabile commistione tra potere politico e gestionale». E torna sulla questione delle nomine «illegittime» dei direttori generali dei diversi dipartimenti della Regione effettuate dalla giunta Bardi: «Sono state registrate anomalie, in barba ai principi e ai criteri direttivi stabiliti dal decreto legislativo 165/2001 e dalla legge regionale 12 del 1996, che ridisegna e riorganizza la struttura amministrativa, modificata da questo governo per aver ulteriore potere discrezionale». Il giudizio della sigla sindacale è tranchant, e per Summa la sanità lucana «non hai mai toccato livelli così bassi. Molteplici le iniziative che ci hanno visto denunciare incarichi non in linea con quanto previsto dalla normativa: dalle nomine di Tisci e di Ramunno, fino ai direttori amministravi dell’Asm passando per quella di Stopazzolo all’Asp, costretto alle dimissioni proprio dopo che la Cgil sollevò il caso dello stipendio percepito oltre alla pensione, e per quella di D’Angola, che a nostro avviso dovrebbe essere decaduto ai sensi del comma 7 dell’art. 3 del decreto legislativo 502/92, sia dalla funzione di direttore sanitario sia di facente funzioni, avendo compiuto a gennaio 65 anni. Purtroppo – concludono -, constatiamo che da anni va avanti questo modus operandi. Ora confidiamo che la legge faccia il suo corso e soprattutto chiarezza».

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