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sabato 28 Settembre 2024
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Al Medimex il giornalista Massarini: «Prince e Cohen geni assoluti. Dalla? Salvò De Gregori» – L’INTERVISTA

Carlo Massarini è sempre un figo. Il ciuffo è lo stesso con cui fece innamorare tutta Italia negli anni ’80 con il programma musicale avanguardista “Mister Fantasy”. I ricordi non solo quelli di un uomo che ha vissuto la musica, piuttosto di chi ci ha vissuto dentro. Sfoggia una maglietta di Prince, che tutto fa tranne che passare inosservata, e prima dell’evento del Medimex al teatro Fusco dedicato alla rivalità artistica tra la magmatica pop star e la stella luminosa di Michael Jackson, seduto al bar si racconta.

Michael Jackson e Prince, rivalità tra geni. Ci racconti.
«Sono le due grandi star di colore degli anni ’80. Ho una predilezione per Prince, il diretto discendente delle grandi “black star”: James Brown, Stevie Wonder, Jimi Hendrix. Musicista straordinario, produttore, era un “one man show”. Riservato, avvolto dal suo stesso mistero. Un genio».

Parliamo del programma tv “Mister Fantasy”, avanguardista, visionario. Che ricordi ha?
«Hai detto bene: visionario. Un programma che ha portato in tv qualcosa che non era mai esistito. Paolo Giaccio, l’ideatore, ha scelto il momento perfetto, c’erano già dei videoclip ma lui è riuscito a codificarli in un programma in cui “video” era la parola chiave. Danza, musica, moda architettura. Credo abbia lasciato il segno, dopo quarant’anni è ancora ricordato dalla gente».

Ha intervistato Francesco De Gregori, notoriamente un personaggio complicato da intervistare…
«È complicato avere a che fare con De Gregori, e mi fermo qui».

In che direzione sta andando la musica?
«In una direzione governata dalla tecnologia. Si suona meno, si compone più sul digitale, c’è la variabile intelligenza artificiale che cambierà radicalmente il modo di concepire la musica. Spero che il musicista del futuro saprà collegare il lato umano con quello tecnologico».

Ha conosciuto Lucio Dalla, cosa le ha lasciato?
«Lucio era un piccolo genio. Stravagante, bizzarro, creativo. Si lanciava nelle cose più diverse, dal basket all’opera. Un uomo intelligente, in continuo movimento, rielaborava gli stimoli restituendoli con le sue canzoni. Raccontava nei suoi testi l’umanità con una poetica commovente».

Ci riprovo con De Gregori. C’è spacco così grande con la figura di Dalla?
«Lucio gli ha salvato la carriera. Ha preso per mano Francesco e l’ha riportato in scena nel ’76. Se non fosse stato per Dalla, chissà. Gli ha fatto da tutore, da fratello maggiore, si stimavano e c’era un grande rispetto. Erano gli anni di Banana Republic, un tour importante, credo si siano influenzati molto artisticamente in quel periodo».
C’è un aneddoto che la vede accompagnare Leonard Cohen per le strade di Roma, qualcosa di difficile da immaginare oggi.

Che ricordi ha di quel giorno?
«Era un pomeriggio del ’73, Alberto Marozzi, mio amico e discografico, mi accompagnò da Cohen. Ero completamente pazzo di lui, mi ha aperto il mondo della canzone d’autore, un amore infinito. Abbiamo suonato qualche canzone in albergo. Dopo un giro in auto fino alla facoltà di lettere, improvvisando un concerto nell’aula magna. Sul muro c’era scritto “amore, amore fammi godere”, lì fu scattata una mia foto iconica di quegli anni. Non ricordo i dettagli delle nostre conversazioni, ma basta l’incontro. Cohen era un cantautore straordinario, un poeta. Scherzoso, di buon umore, tutt’altro che introverso. Suadente. Parlava come scriveva, era un uomo di fascino. “A man with a suit”, come diceva».

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