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venerdì 4 Ottobre 2024
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Il punto sulla ricerca e i 53 rischi dei cibi sintetici secondo la Fao

I cibi sintetici dividono l’opinione pubblica. Da un lato sono visti con grande diffidenza, dall’altro come una grande potenzialità per il futuro del sistema agroalimentare. Sul tema delle proteine alternative il governo ha definitivamente messo un punto qualche settimana fa con la stretta sulle farine di grillo e il recente disegno di legge che vieta la produzione di carne in laboratorio. «È una legge significativa, con sei articoli. Il divieto si basa sul principio di precauzione, non ci sono evidenze scientifiche oggi sui possibili effetti dannosi dovuti al consumo di cibi sintetici» ha più volte chiarito il ministro della Salute Orazio Schillaci, ricordando che «è importante e significativo ribadire il massimo livello di tutela della salute dei cittadini e preservare il patrimonio agroalimentare della nostra Nazione».

Anche Fao e Oms si sono espresse con un primo report titolato “Food Safety Aspects of cell-based food”. Il documento, pur chiarendo che non è intenzione promuovere o meno determinati cibi o specifiche metodologie di produzione, ma fornire informazioni affinché ciascun alimento, indipendentemente dal metodo di produzione, sia sicuro per i consumatori, individua 53 pericoli potenziali, dalle allergie ai tumori, derivanti dall’uso di cibi sintetici. Certo la produzione, ancora in una fase embrionale, suscita molti dubbi, sia sulla capacità di riuscire a riprodurre le caratteristiche organolettiche della carne, sia per quanto riguarda alcuni valori nutrizionali di cui questa tipologia di carne non è dotata “naturalmente”. È stato chiarito che alcune componenti vitaminiche non potranno essere prodotte direttamente ma integrate in un secondo momento, da qui i dubbi su come, una dieta priva di determinati apporti, possa influire sulla salute dei consumatori. Al momento sono tutte ipotesi, non ci sono studi scientifici a riguardo né dati empirici su cui basarsi. «Il fatto che la ricerca è appena partita è un dato da non sottovalutare- spiega Francesco Bruno Agrotecnico e dottore in scienze Tecnologiche e Alimentari-. Il potenziale è infinito. Un giudizio definitivo adesso sarebbe azzardato e non è da escludere a priori una fase sperimentale, anche per mantenere la possibilità di poter scegliere il nostro posizionamento nel settore. Le considerazioni da fare sono molte, riguardano l’attuale impatto che gli allevamenti animali hanno oggi e avranno in futuro sull’ambiente, i costi e i tempi di produzione in laboratorio del cibo sintetico, l’andamento e la richiesta del mercato non solo nazionale».

Nel frattempo Coldiretti alza la posta e rilancia evidenziando che il rapporto Fao- Oms indica che la terminologia corretta sarebbe “Cibo a base cellulare”, definizione considerata più chiara rispetto al termine “coltivato” preferito invece dalle industrie produttrici, ma ritenuto, a questo punto fuorviante dalle due autorità mondiali. Stessa considerazione viene fatta per i termini “carne”, “pollo” o “pesce” se prodotti in laboratorio. «C’è il rischio oggettivo di ingannare i cittadini poiché in realtà quella ottenuta in laboratorio secondo la Coldiretti non è carne e non è coltivata. Secondo l’enciclopedia Treccani per carne si intende «la parte muscolare del corpo dell’animale» e di conseguenza senza animale non c’è carne mentre il significato di coltivare è «curare un terreno, una pianta con il lavoro, la concimazione e gli altri mezzi opportuna renderli capaci di far frutto». Niente di tutto questo si realizza in laboratorio o nel bioreattore utilizzato», riferisce l’associazione dei produttori.

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