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sabato 27 Luglio 2024
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Intercettazioni e Ddl Nordio, Stampanoni Bassi: «Il modo di comunicare è cambiato. La legge si adegua»

«Il problema nasce dal fatto che, sebbene questi dispositivi contengano spesso informazioni altamente confidenziali e corrispondenza che possiamo paragonare a tutti gli effetti a delle telefonate, pensiamo ad esempio ai messaggi vocali, non esistono garanzie e procedure analoghe a quelle delle intercettazioni che ne dispongano il sequestro. È paradossale soprattutto perché nei dispositivi informatici si trovano molte più informazioni di quelle che si otterrebbe con una intercettazione». A spiegarlo è Guido Stampanoni Bassi, avvocato penalista e direttore della rivista scientifica Giurisprudenza.

Avvocato, quali sono le necessità alla base delle disposizioni previste nel Ddl Nordio?

«Questa proposta non è una assoluta novità, ma risale al luglio dello scorso anno e poggia su una indagine conoscitiva che la commissione Giustizia del Senato aveva avviato sul tema delle intercettazioni. In quell’occasione si era posta l’attenzione su un tema diverso, ma per certi versi collegato, che è quello del sequestro dei dispositivi informatici. L’anomalia è emersa in quella sede».

Che cosa intende?

«I dispositivi informatici sono delle vere scatole nere, contengono dati anche confidenziali e allo stesso tempo non c’è una procedura nell’acquisizione di queste informazioni. I tempi sono decisamente cambiati, oggi il pubblico ministero sequestra un cellulare e lì trova tutto».

Cosa cambierebbe quindi con le modifiche proposte?

«Verrebbe introdotto un nuovo articolo, il 254-ter per regolamentare questo tipo di attività in tre step così articolati: è il giudice a disporre il sequestro di questi dispositivi, la duplicazione avviene in contraddittorio e il Pm avvisa le parti che nominano consulenti tecnici. Alla fine dell’analisi dei dati, se vengono trovate informazioni utili, chat o mail, non scatta il sequestro immediato ma è il giudice ad autorizzarlo così come accade per le intercettazioni».

Perché la disposizione è così dibattuta?

«Le associazioni dei magistrati hanno fatto notare che questa pratica appesantirebbe la procedura allungando i tempi per entrare in possesso delle informazioni. Prima i pubblici ministeri potevano disporre il sequestro in autonomia. È necessario precisare che questa disposizione riserva anche più garanzie all’indagato».

Cosa c’entra la sentenza Renzi?

«Ci si riferisce alla sentenza della Corte costituzionale nel noto caso Renzi con cui la Consulta ha accolto il conflitto di attribuzione che era stato proposto dal Senato nei confronti della Procura di Firenze. La Corte ha dichiarato che la Procura non poteva acquisire, senza preventiva autorizzazione del Senato, messaggi di posta elettronica e WhatsApp del parlamentare, o a lui diretti, conservati in dispositivi elettronici appartenenti a terzi, oggetto di provvedimenti di sequestro nell’ambito di un procedimento penale a carico dello stesso parlamentare e di terzi e ha contestando quindi la legittimità dell’acquisizione della corrispondenza del senatore Renzi».

Tecnicamente come si traduce questo episodio?

«Siamo, di fronte ad una netta divisione: la Corte costituzionale ha detto chiaramente che i messaggi e le chat sono a tutti gli effetti corrispondenza e come tale deve essere trattata; però il nostro ordinamento prevede delle garanzie solo per i parlamentari e non anche per i privati cittadini. Quindi, per questi ultimi, da un lato abbiamo una sentenza della Corte costituzionale che dice che si tratta di corrispondenza e che, come tale, deve essere tutelata dalle garanzie costituzionale; dall’altro, però, questa sentenza si applica solo ai parlamentari. Anche da questo nasce la proposta di legge che punta a creare una procedura mediante la quale si riconoscono ai cittadini quelle garanzie che la Consulta ha riconosciuto».

Qual è il suo personale giudizio sulla proposta di legge?

«Sono assolutamente favorevole. È sotto gli occhi di tutti che il modo di comunicare è cambiato, bisogna tener conto dei nuovi strumenti offerti».

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