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martedì 8 Ottobre 2024
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L’Ue continuerà a puntare sulle ristrutturazioni ma non si potrà prescindere dagli incentivi

Il tema della rigenerazione urbana recepisce le più recenti intenzioni della Comunità Europea che, seppur ancora oggetto di una fase interlocutoria, hanno suscitato un vivo dibattito sulla concreta attuabilità delle proposte previsioni. La direttiva europea sulle Prestazioni Energetiche degli Edifici (Epbd, Energy performance of buildings directive) si pone l’obiettivo di riqualificare il patrimonio immobiliare europeo migliorandone l’efficienza energetica ovvero agendo in primis sul 15% degli edifici più energivori rientranti in classe energetica G per ogni Stato membro. Il provvedimento intende agire non solo riducendo i consumi ma anche adeguando il modo di pensare e vivere gli edifici in funzione del cambiamento climatico. Tale prospettiva di intervento determina quindi la necessità di includere aspetti quali la sicurezza sismica, il ciclo di vita dei materiali e la qualità degli spazi interni. In tale contesto di analisi, a parere di chi scrive, si ritiene opportuno tenere in doverosa considerazione un chiaro indirizzo normativo e/o orientamento di matrice urbanistica finalizzato ad uno sviluppo ed adeguamento organico dei centri urbani in funzione del perseguimento degli obiettivi di sostenibilità. Altrettanto dicasi laddove si debba considerare la necessità di diverse scelte sin dalla fase progettuale degli edifici che contempli un’adeguata valorizzazione anche dei materiali di costruzione, soprattutto in termini di attitudine a preservare elevati standard in aderenza agli obiettivi di sostenibilità da conseguire nel medio-lungo termine. Evidentemente ad oggi, tali scelte costruttive scontano talora una maggiore onerosità in termini di costi di costruzione, il che suggerisce interventi ad hoc anche da parte del legislatore nazionale (non solo detrazioni fiscali ma anche altre forme di incentivo) al fine di ridurre tali gap e generare esternalità positive per l’intera comunità.

La direzione suggerita parte da una valorizzazione degli immobili esistenti in un’ottica bioclimatica, anche con l’introduzione di sistemi di automazione e monitoraggio intelligenti. Successivamente all’approvazione da parte del Parlamento europeo del 14 marzo 2023, la direttiva Casa Green è attualmente oggetto del “Trilogo” (i negoziati ufficiali), di cui il primo tenutosi in data 6 giugno 2023 ed il secondo il 31 agosto 2023; il terzo incontro formale è programmato per il prossimo 6 ottobre. Entrando nel merito delle previsioni del Provvedimento, l’obiettivo dell’Ue è quello di incentivare le ristrutturazioni di edifici privati e pubblici europei, riducendo del 50% entro il 2030 le emissioni nocive rispetto ai livelli del 1990 e raggiungendo la decarbonizzazione degli edifici con emissioni nocive pari a zero entro il 2050. La fase iniziale annunciata dall’articolo 9 del Provvedimento prevede la riqualificazione di immobili residenziali con il raggiungimento della classe E entro il 2030 e successivamente della classe D entro il 2033. Sono previste delle deroghe per edifici vincolati, immobili di pregio storico-architettonico, chiese e luoghi di culto, abitazioni unifamiliari con superfici inferiori ai 50 mq e seconde case utilizzate per meno di quattro mesi l’anno. Tuttavia, viene da chiedersi se l’Italia sia davvero pronta a rispondere a questa sfida nei tempi richiesti. Un primo fattore di cui tener conto è rappresentato dalla necessità di adeguare le scelte di finanza pubblica, non solo oltre frontiera ma anche entro i confini nazionali, alle specifiche peculiarità degli obiettivi da perseguire. Pertanto, se si considera il precitato obiettivo di decarbonizzazione totale degli edifici da conseguire entro il 2050, occorre dotare i soggetti preposti di strumenti finanziari di lunghissimo termine, adeguati a supportare un processo di implementazione su base pluriennale, in maniera tale da garantire continuità e certezza del contesto di riferimento per tutti gli operatori chiamati ad intervenire a diverso titolo.

Un ulteriore fattore di cui tener conto è l’epoca di costruzione degli immobili: secondo un recente rapporto ENEA, in Italia la realizzazione di circa il 75% degli immobili esistenti è antecedente alla legge del 10/1991 che per prima ha disciplinato il risparmio energetico e la sicurezza sismica degli edifici; dicasi lo stesso per circa i due terzi degli immobili residenziali appartenenti a classi energetiche inferiori alla D. Sulle diverse categorie di edifici si osserva, inoltre, una correlazione tra performance energetica e prezzi di vendita, seppur sulla base di analisi svolte su un orizzonte temporale troppo breve per poter trarre considerazioni definitive. Tenuto conto della “storicità” del contesto italiano e degli ingenti investimenti richiesti, una realistica concretizzazione degli obiettivi posti dall’Ue non può prescindere da una profonda rivisitazione degli strumenti di supporto ed incentivazione. Il timore che il mancato raggiungimento dell’obiettivo “green” possa generare delle distorsioni sul mercato deve, giocoforza, fare i conti con l’impellente esigenza di efficientamento energetico e rispetto ambientale nel comparto immobiliare. Si ritiene inoltre che l’eterogeneità in termini storici, culturali, climatici ed economici dei diversi ambiti o regioni, che compongono l’intero territorio della Comunità Europea, richiede altresì misure ad hoc, tali da soddisfare specifiche esigenze dei singoli territori.

Massimo Mariani – Professore ordinario di Finanza aziendale e Finanza Immobiliare, Università Lum
Paola Amoruso – Docente di Estimo e Finanza Immobiliare

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