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Competizioni elettorali e partiti ostaggi dei destini personali

Oggi Bari e Napoli sono molto più vicine di quanto immaginiamo, non certo perché i cantieri dell’alta velocità ferroviaria avanzano spediti in vista del completamento previsto per il 2028. Lo sono, invece, perché le due città capoluogo sono unite da una condizione politica unica quanto rara. Infatti, pur se gli attuali due presidenti di regione del centro-sinistra, Michele Emiliano in Puglia e Vincenzo De Luca in Campania, stanno iniziando l’ultimo giro del loro secondo mandato, nel campo avverso sembra regnare il silenzio più totale. Un vuoto che appare disarmante. Poi, se vogliamo dirla tutta, senza offendere nessuno e fatte salve alcune eccezioni, è da diversi anni che il centro-destra in queste due regioni meridionali non riesce a essere competitivo, non riesce come un tempo a mettere in campo donne e uomini e con loro progetti credibili, che riescono a scaldare il cuore dei cittadini.

In Campania, per la verità, a differenza della Puglia dove il presidente Emiliano ha già chiarito che la sua esperienza terminerà il prossimo anno, la situazione è ancor più complicata. Da quelle parti c’è De Luca che invece ha ribadito più volte, a scanso di equivoci, che a prescindere da tutto e tutti lui si candiderà ancora una volta. La quarta di fila, nonostante i malumori del Partito democratico e della sua segretaria Elly Schlein che vorrebbero, neanche tanto velatamente, dare un segnale di discontinuità ai cittadini. Infatti, la prima candidatura fu quella del 2010 quando lo Sceriffo di via Irno fu sconfitto dal candidato del centro-destra Stefano Caldoro, mentre nelle altre due successive, nel 2015 e nel 2020, ebbe la meglio proprio contro Caldoro.

Ad ogni buon conto, al di là dei destini personali dei diversi protagonisti, di una cosa possiamo essere quasi certi: la partita nel centro-sinistra per la successione a Emiliano e a De Luca non sarà indolore, ma avendo a disposizione una classe dirigente diffusa e radicata sui territori sarà meno complicato sbrogliare la matassa. Al contrario, saltando il fossato, purtroppo non possiamo esser certi della stessa cosa. Nel centro-destra pugliese e campano l’ostacolo più difficile da superare, anche considerando i due sistemi elettorali vigenti, non sarà tanto la scelta di un candidato presidente forte, autorevole e aggregante, condizione sufficiente ma non necessaria per vincere, quanto riuscire a schierare una platea di candidati consiglieri regionali capaci di presidiare le comunità elettorali. Perché, diciamocelo apertamente, la partita vera si gioca nella palude delle liste, nella costruzione per tempo e non riducendosi agli ultimi due mesi di un cartello elettorale che abbia numeri e sostanza, altrimenti diventa una fatica di Sisifo scornarsi sull’individuazione del candidato presidente. Ahimè, il centro-destra su questo particolare terreno è ancora molto indietro, largamente impreparato.

Certo, qualcuno potrà obiettare che la mia descrizione non corrisponda al vero, che è fuorviante e severa perché in Puglia ci sono sindaci di città capoluogo e in Campania loro colleghi comuni medio grandi, che stanno facendo bene nelle loro realtà e che hanno qualità e numeri per competere con chiunque. Ci mancherebbe, ci sono sempre delle eccezioni lodevoli, si pensi a Brindisi e a Lecce, ma il quadro generale dice altro. Prendiamo, ad esempio, le ultime due tornate amministrative proprio a Bari e a Napoli, dove il centro-destra in entrambi i casi si è distinto per la fragilità della sua proposta e della leadership messe in campo. Questi dati, per quanto parziali e non esaustivi dello scenario, sono al contempo indicativi di un deficit al quale in questi anni i partiti, o meglio quello che ne resta dopo il ciclone della leaderizzazione centrale e locale, non hanno saputo o voluto metter mano. Senza risentirsi più del dovuto, al centro-destra pugliese, non di meno a quello campano, spetta il compito di raccogliere questa sfida pedagogica: sedersi al telaio e intrecciare con pazienza i fili dell’impegno politico per dar vita a un tessuto di esperienze, di storie e di visioni diffuse. Un lavoro meticoloso, che richiede tempo, che impone sacrifici, ma valorizza il merito e non l’appartenenza. Messa così, può anche sembrare una operazione semplice, ma non lo è affatto e peggio ancora è rinviarla ancora.

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