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giovedì 22 Agosto 2024
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La passione italiana per i cognomi

Quando concetti importanti, che preludono a progetti seri, finiscono nel patrimonio genetico di imbecilli, il risultato non può che essere fallimentare. Prima dell’avvento di quel “ciarlatano” (dizionario Oxford – imbonitore di paccottiglie nelle pubbliche piazze) di Beppe Grillo, il nostro Paese si interrogava su come porre rimedio al disastroso bilancio dello Stato. Si iniziò a parlare di spending review, che altro non è che un sistema volto a monitorare il funzionamento della pubblica amministrazione in tutte le sue organizzazioni statali, solo per verificarne efficienza ed efficacia. Si era quindi abbozzato un serio percorso per porre fine al disastroso utilizzo delle risorse pubbliche. Su questo argomento, che sta molto a cuore al cittadino-elettore, hanno iniziato a navigare i populismi di destra e di sinistra che hanno prodotto due risultati eclatanti e deleteri: il successo di Lega e Movimento Cinque Stelle, da un lato, e la riduzione del numero dei parlamentari, dall’altro.

Nella sostanza, si è voluto far credere che fosse sufficiente ridurre il numero dei parlamentari per sanare il bilancio dello Stato; ed è così che, con la solita ipocrisia italiana, alla stregua di “Gesù o Barabba”, abbiamo dimezzato la nostra rappresentanza parlamentare che, anziché sanare il debito dello Stato, ha avuto come conseguenza devastante quella di ridurre le voci dei territori all’interno del Parlamento.

Una delle opere più “tafazziane” che la storia parlamentare possa ricordare, insomma. Solo per definire quanto ridicolo sia stato questo provvedimento, basti sapere che se in una famiglia media, dove si ha un bilancio di 2.000 euro al mese, si volessero ridurre le spese, si risparmierebbe la stratosferica cifra di 0,002 centesimi. Eccolo, nei numeri, il grande successo della riduzione dei parlamentari al quale, per non andare contro l’orda popolare, nessuno ha avuto il coraggio di opporsi. Ma, in fondo, perché opporsi se, dando in pasto al popolo Gesù, tutti i Barabba che albergano nelle stanze del potere, hanno potuto continuare a fare i loro porci comodi.

Non cito le migliaia di enti inutili che servono a creare “postifici” lautamente retribuiti, dove basta leggere i cognomi per capire a quale famiglia appartengano, o le consulenze che Ministeri, Tribunali, Regioni, Comuni e Provincie (a proposito, non erano state abolite?) affidano agli “amici degli amici” a suon di centinaia di migliaia di euro che contribuiscono in maniere determinante a prosciugare le finanze dello Stato.

No, non voglio dirvi di questo, anche se è certo che questo sistema fuori controllo, contribuisca in maniere determinante, a promuovere condotte giuridicamente indecenti. Infatti, come vogliamo definire il decreto legge varato dal governo Meloni, secondo il quale le norme di diritto pubblico non si applicano alla Fondazione Milano-Cortina che si occupa dell’organizzazione delle Olimpiadi invernali? Un provvedimento emanato mentre sono in corso indagini della magistratura che appare in tutta la sua indecenza perché volto a sanare le nefandezze che dentro a quel contenitore si sono e si stanno perpetrando.

Per avere contezza dello schifo, basta leggere le intercettazioni telefoniche (che Nordio non vorrebbe più farci pubblicare) e i nomi che a diverso titolo vengono coinvolti. Cito fior da fiore; dice l’amministratore delegato del Comitato olimpico Novari intercettato: «Non ho mai capito di cosa si occupasse Lorenzo La Russa, lo vedevo raramente al lavoro»; o ancora, il presidente del Coni Malagò che dice all’amministratore delegato a proposito di assunzioni: «Stai a sentì, la Draghi! Fregatene di tutto il resto».

Insomma un Comitato olimpico che assume personale blasonato a centinaia di migliaia di euro, che finirà per presentare un bilancio in netto passivo e che lo Stato sanerà in toto, per non disturbare la nobiltà coinvolta. Un copione trito e ritrito, visto e rivisto che oggi si ha l’impudenza di voler sottrarre al controllo della magistratura. Al peggio non c’è mai fine. “E io pago”, direbbe Totò.

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