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L’inutile politica dell’insulto

È dai tempi di Aristotele che l’uomo è diventato un animale politico. Ovvero un essere capace di mettere al servizio della collettività il proprio istinto primordiale fuso alla facoltà di discernere a fin di bene.

Prendere delle decisioni utili per migliorare la propria vita e quella degli altri. Agire a favore dei più deboli. Dare delle regole condivise e poi fare in modo che esse siano rispettate. Insomma, cose così. Cosa è rimasto oggi di tutto ciò? Non poco, ma non abbastanza da far immaginare un futuro migliore.

È che di bestie, in giro, con tutto il rispetto per gli animali, ce ne sono troppe nell’agone politico. Approfittatori come iene, implacabili come avvoltoi, affamati come squali, parassiti come sanguisughe. E poi ci sono quelli, i peggiori, che parlano a trombetta solo per amplificare ordini di scuderia. E, quando lo fanno, non avendo contezza della lingua, usano anche termini inconcepibili in un consesso politico “normale”.

Ciò che non viene detto non esiste, è vero, ma ciò che viene detto troppo e male, grava come un macigno sui rapporti, schiacciando la prima dote della politica che dovrebbe essere la capacità di confronto e dialogo. Additare un avversario dandogli del ladro e poi andare in Procura per denunciarlo con prove circostanziate, è un atto fiero e coraggioso. Insultare un avversario dandogli del “delinquente”, solo a parole, è uno sgarbo istituzionale e un gesto del tutto gratuito che si tira appresso una camionata di letame e qualunquismo. Senza contare il cattivo esempio che si dà alla popolazione che non vede l’ora di tirare fuori il peggio.

Questo giornale, si sappia, rifiuta e respinge questo tipo di confronto, di becera propaganda. Non ammetterà mai su queste pagine commenti e interviste assolutamente incapaci di produrre quel reddito sociale in grado di migliorare la situazione.

Tra un po’ entreremo nel pieno della campagna elettorale per le europee e le comunali, a cominciare da quelle di Bari, capoluogo nevralgico del Sud. Ebbene, sia ben chiaro, il nostro quotidiano non presterà il fianco, anzi, per restare in casa, la spalla a retoriche basate sull’insulto e sulla mancanza totale di contenuti.

Come giornale siamo nati per raccontare il Sud, per difenderlo, per lodarne i tanti aspetti positivi, per instaurare una concordia di discorsi anche tra avversari in fondo uniti dall’idea di un bene comune. La globalizzazione ci ha insegnato che fermarsi alle beghe condominiali produce solo danni. Spesso irreparabili. Scendere in basso per dare spazio a insulti, pettegolezzi, beghe di partito cosa nostra non è. Alle parole vuote e piene di odio, preferiamo quelle che svelano i fatti, che dicono la verità.

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