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Sui femminicidi qualcosa sta cambiando

A meno di un anno dall’approvazione della legge 168 del 2023, che ha introdotto importanti modifiche ai codici penale, di procedura penale, delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione per migliorare l’efficacia delle politiche di contrasto alla violenza sulle donne, è opportuno esaminare gli effetti di queste misure.

Secondo i dati pubblicati dal Dipartimento della pubblica sicurezza-Direzione centrale della polizia criminale, nel periodo compreso tra il primo gennaio e il 30 giugno 2024, sono stati registrati 141 omicidi con 49 vittime donne. Di queste, 25 sono state uccise dal partner o dall’ex partner. Questo dato rappresenta un calo rispetto allo stesso periodo del 2023, quando si registrarono 176 omicidi, con 62 vittime donne.

Il femminicidio, ossia l’omicidio di una donna “in quanto donna”, spesso matura in ambito familiare o all’interno di relazioni sentimentali instabili. Il termine femminicidio è entrato nel lessico comune negli anni ’90 per qualificare questi crimini di genere.

L’Italia ha iniziato a rafforzare la propria legislazione sulla violenza contro le donne con la ratifica della Convenzione di Istanbul, avvenuta con la legge 77 del 2013. Da allora, sono stati fatti diversi interventi per creare una strategia integrata di contrasto alla violenza, in linea con quanto previsto dalla Convenzione.

Uno dei provvedimenti più incisivi è stata la legge 69 del 2019, nota come “codice rosso”, che ha potenziato le tutele processuali per le vittime di reati violenti, in particolare per i crimini di violenza sessuale e domestica. La legge ha introdotto nuovi reati nel codice penale, tra cui la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti e la costrizione o induzione al matrimonio. Inoltre, sono state inasprite le pene per reati comuni contro le donne, come maltrattamenti, stalking e violenza sessuale.

Secondo un report Istat pubblicato a luglio 2024, le molestie sessuali sul lavoro continuano a rappresentare un grave problema. Nel biennio 2022-2023, il 13,5% delle donne tra i 15 e i 70 anni che lavorano o hanno lavorato ha subito molestie a sfondo sessuale. Le più giovani (15-24 anni) risultano essere le più esposte, con una percentuale del 21,2%. Anche gli uomini non sono immuni: il 2,4% degli uomini tra i 15 e i 70 anni ha dichiarato di aver subito molestie sul lavoro. Le forme di molestie più comuni comprendono sguardi offensivi, insulti, proposte indecenti e, nei casi più gravi, molestie fisiche. Negli ultimi tre anni, il 4,2% delle donne e l’1% degli uomini ha dichiarato di aver subito molestie sul lavoro.

Ma le molestie sessuali si verificano anche al di fuori del contesto lavorativo. Nello stesso periodo, il 6,4% delle donne e il 2,7% degli uomini tra i 14 e i 70 anni sono stati vittime di molestie. Più della metà di queste molestie avviene tramite tecnologia, come email, chat o social media.

Il rischio di subire una molestia sul lavoro aumenta nelle città metropolitane, dove il 17,1% delle donne e il 4,3% degli uomini ne sono vittime. Nei piccoli comuni (da 2.000 a 10.000 abitanti) le percentuali scendono rispettivamente al 10,3% per le donne e al 2,2% per gli uomini. Il Nord-Est risulta essere l’area con il minor rischio con percentuali del 9,7% per le donne e dell’1,7% per gli uomini. Il Nord-Ovest è la ripartizione geografica che presenta i dati peggiori, con il 14,9% delle donne e il 2,5% degli uomini che hanno subito molestie. Il Sud sembra essere un’isola felice visto essendo fra le ripartizioni geografiche a più basso rischio con una percentuale di molestie dichiarate del 14,1% per le donne e del 2,2% per gli uomini.

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