Home Editoriali Sviluppo economico e dottrina sociale, le sfide teologiche nelle encicliche

Sviluppo economico e dottrina sociale, le sfide teologiche nelle encicliche

Le encicliche che trattano temi sociali hanno sempre riscosso un’attenzione larghissima.

A partire dalla Rerum novarum, nel 1891, i papi hanno usato questo strumento per aggiornare progressivamente quella parte del magistero nota come dottrina sociale della Chiesa. Dal 1891, periodiche ulteriori encicliche hanno segnato un percorso evolutivo di sempre maggiore attenzione all’analisi evangelica dei fenomeni sociali. Questa serie di encicliche è giunta sino alla Caritas in veritate (2009) di papa Benedetto XVI, che ha suscitato grande attenzione per le sue conseguenze sulle questioni finanziarie in un momento di crisi economica, senza ignorare le sfide strettamente teologiche poste dall’enciclica stessa.

Secondo il Papa, infatti, gli interessi economici non possono essere separati da ciò che in definitiva è più importante per l’umanità: l’economia divina della salvezza.

Il corpus della visione sociale di Ratzinger è intuibile già dagli scritti in tema del predecessore Giovanni Paolo II, che risentono del profondo lavoro di analisi ed elaborazione compiuti dall’allora fidato braccio destro del pontefice polacco, dal quale il capitalismo selvaggio, nella sua proposizione legato all’ideologia neoliberista, è stigmatizzato in maniera analoga a quella che è ritenuta l’altra grande utopia della seconda metà del XX secolo, il socialismo reale.

Con Papa Francesco, si assiste ad un cambio di prospettiva della Dottrina Sociale della Chiesa perché ci si pone più dal lato della distribuzione della ricchezza con il fine di creare un mondo più giusto e di sconfiggere le disuguaglianze.

Giovanni Paolo II e Benedetto XVI con le loro encicliche sociali si ponevano invece dal lato della produzione della ricchezza, mettendo in grande rilievo il ruolo dell’economia d’impresa come via per lo sviluppo e la costruzione del bene comune.

Facendo un parallelo con la scienza economica, si può dire che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sono vicini al pensiero di Adamo Smith sulla natura e sulle cause della ricchezza (non della povertà) delle nazioni. Papa Francesco si pone invece più dal lato del pensiero di Davide Ricardo, che afferma che lo scopo fondamentale della scienza economica è lo studio delle cause che determinano la distribuzione del reddito tra i fattori della produzione, cioè tra capitale e lavoro.

Papa Francesco si colloca dal lato della distribuzione della ricchezza, basandosi sull’osservazione concreta delle grandi disuguaglianze che esistono a livello mondiale e dello scandalo della povertà. Egli per questo nella Evangelii gaudium (2013) dice no all’economia dell’esclusione, no all’idolatria del denaro, no al denaro che governa invece di servire, no all’inequità che genera violenze e conflitti.

Per concludere, la Dottrina Sociale della Chiesa ci fa capire che Stato (ridistribuzione della ricchezza) e Mercato (creazione della ricchezza) sono insufficienti per la costruzione del bene comune. Occorre un terzo pilastro che è rappresentato dalla comunità civile, facendo leva sui valori della gratuità e del dono di cui parla Benedetto XVI nella grande enciclica sociale Caritas in veritate.

Donatella Perna è avvocata Foro di Foggia

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