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Ma quei fondi mostrano il nostro gap

È di qualche ora fa la notizia battuta dalle agenzie di stampa dell’assegnazione di 123 milioni di euro del PNRR al Progetto Anthem che 23 strutture, delle quali l’Università Bicocca di Milano è capofila, hanno presentato per dare un nuovo impulso tecnologico alla sanità italiana.

Il progetto si articola in quattro fasi attraverso le quali si intende incidere in maniera importante su pazienti fragili e cronici di alcuni territori dove è particolarmente evidente la criticità. Tutto avverrà con l’ausilio di tecnologie e percorsi innovativi. I quattro ambiti di intervento sono “Tecnologie e gestione di dati per la diagnostica e la cura”, “Ambienti smart e sensori innovativi per la medicina di prossimità”, “Ricerca di fattori di rischio e strumenti per il monitoraggio dei pazienti cronici” e “Soluzioni terapeutiche innovative per patologie orfane” e saranno portati avanti dalle 23 strutture, ciascuna in base alle proprie competenze progettuali.

Nelle dichiarazioni programmatiche le finalità sono quelle di realizzare dispositivi e strumenti digitali per la raccolta di dati che dovranno essere a supporto di soluzioni per medicina di prossimità.

Quella medicina, cioè, più vicina alle esigenze dei pazienti attraverso una azione più capillare, legata ad un adeguato sviluppo territoriale, per ora in sofferenza. Attraverso questo sviluppo tecnologico previsto dal progetto Anthem si proverà a sviluppare strumenti di monitoraggio e valutazione dei fattori ambientali, di stili di vita e patologici nelle popolazioni fragili e croniche e implementare metodologie di terapia oncologica per quei tumori che non possono essere trattati con approcci convenzionali.

Il progetto di per sé è ambizioso e prevede un notevole sviluppo della Telemedicina attraverso la quale si svilupperà il capillare raggiungimento dei pazienti. Colmare il divario nell’assistenza di pazienti cronici e fragili all’interno di territori disagiati rispetto a realtà più evolute, mette sicuramente fine alle disuguaglianze nell’assistenza sanitarie tra le persone, ed è per questo motivo che dal punto di vista etico le attese per la riuscita delle finalità preposte sono alte.

Il programma ruota intorno a 28 progetti di ricerca nel quale saranno impegnati circa 200 ricercatori, appartenenti a varie università ed enti di ricerca, che così potranno mettere in atto tutte le azioni per fornire la tecnologia di cui questi pazienti hanno bisogno. Per quanto è stato comunicato, verrà attuato in alcuni territori e sistemi sanitari specifici, fortemente rappresentativi della diversità del nostro Paese in merito all’organizzazione sanitaria, alla presenza di tecnologia, alla densità abitativa, alla presenza di ospedali e di strutture di prossimità, all’uso delle tecnologie digitali. Saranno interessate Puglia, Calabria, Lombardia, Campania, Sicilia, alcune comunità montane, ed alcune città (Milano, Monza e Brianza, Napoli, Taranto, Bari, Lecce).

Il coinvolgimento di territori meridionali, se da una parte ci rallegra perché si tratta di portare innovazione in territori orfani di tecnologia all’avanguardia e perciò bisognosi di grande attenzione, dall’altra parte ci fornisce una ulteriore riprova di come la sanità meridionale presenti un gap importante in tecnologia e infrastrutture che, per una sanità più equa e più etica nei confronti dei nostri malati avrebbe avuto bisogno di una maggiore attenzione da parte della classe politica.

Dobbiamo quindi essere grati alle opportunità che i soldi del PNRR forniscono al Meridione perché possono portare risorse insperate per migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria. In questo modo anche gli abitanti dei nostri territori potranno godere delle tecnologie avanzate presenti nelle realtà nazionali più evolute e tali da rendere l’assistenza sanitaria più giusta ed in grado di garantire, in questo modo, anche alle persone dei nostri territori le stesse opportunità di cura.

Franco Lavalle è vice presidente dell’OMCeO Bari

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