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venerdì 4 Ottobre 2024
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Navalny, un pugno al cuore in perfetto stile Kgb

Il dissidente russo Alexei Navalny, dichiarato morto venerdì scorso nella colonia penale dove era detenuto, sarebbe stato ucciso con «un pugno al cuore, in perfetto stile Kgb». Lo sostiene l’attivista russo per i diritti umani Vladimir Osechkin, che da Parigi gestisce il sito Internet anti-corruzione Gulagu.net.

Citato dal Times, Osechkin ha detto che le sue fonti gli hanno spiegato che Navalny è stato tenuto per due ore e mezza in isolamento in una cella a una temperatura di meno 27 gradi centigradi. E questo con l’obiettivo di rallentare il suo battito cardiaco a causa delle temperature gelide. Successivamente, afferma Osechkin, «è stato ucciso con il classico pugno al cuore del Kgb, one strike», tecnica utilizzata dagli uomini del servizio segreto sovietico per evitare di lasciare qualsiasi indicazione sulla causa della morte.

Le autorità russe non hanno ancora restituito il corpo del dissidente alla famiglia e hanno impedito alla madre di avere accesso alla salma. Secondo le ultime informazioni diffuse dalla portavoce di Navalny, Kira Yarmysh, sul corpo verranno eseguiti accertamenti che dureranno almeno altri 10 giorni.

Secondo la moglie del dissidente, Yulya Navalnaya, l’oppositore sarebbe stato avvelenato e ucciso con il Novichok, un agente nervino letale. Nelle prime ore dopo il decesso, reso noto venerdì scorso, le autorità russe e i media di stato hanno proposto diverse ipotesi: prima un’embolia, poi una trombosi, quindi la sindrome della morte improvvisa.

In questo contesto, trovano un terreno fertile anche ipotesi più estreme e solo apparentemente fantasiose. Navalny potrebbe essere stato vittima di «lento avvelenamento iniziato nell’agosto dello scorso anno», come denuncia il sito di opposizione russa Sota, che cita due fonti di alto livello del Comitato investigativo. Il principale sponsor dell’uccisione dell’oppositore sarebbe stato Alexander Bastrykin, capo del Comitato, che aveva in odio Navalny da quando aveva indagato su di lui nel 2012.

Secondo le fonti, dopo l’arresto del blogger, Bastrykin aveva chiesto il permesso del presidente russo Vladimir Putin di ucciderlo mentre era detenuto nella colonia penale, con il sostegno del capo del Servizio penitenziario federale, Arkady Gostev. Licenza di uccidere con un lento avvelenamento che sarebbe arrivata nell’agosto scorso come “regalo” per i 70 anni di Bastrykin. Secondo il piano originale, Navalny sarebbe già dovuto morire per problemi cardiovascolari prima della fine dell’anno, ma ha “resistito”.
Il Regno Unito ha intanto sanzionato i sei responsabili della colonia penale artica dove è stato dichiarato morto Navalny. Lo riporta la Bbc spiegando che ai sei verranno congelati i beni ed è stato loro vietato di recarsi nel Regno Unito. Si tratta del primo Paese occidentale che impone sanzioni in risposta alla morte di Navalny. «È chiaro che le autorità russe hanno visto Navalny come una minaccia e hanno cercato ripetutamente di metterlo a tacere», ha detto David Cameron, ministro degli Esteri. «I responsabili del trattamento brutale di Navalny non dovrebbero illudersi: li riterremo responsabili», ha aggiunto.

Tra le persone sanzionate da Londra c’è il capo della colonia penale nota come del “lupo polare”, Vadim Konstantinovich Kalinin, che ha supervisionato il campo di prigionia IK-3 dove Navalny è stato tenuto in isolamento.

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