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martedì 8 Ottobre 2024
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Verso l’8 marzo, una corsa a ostacoli: sette donne su dieci subiscono molestie al lavoro

Sette donne su dieci in Italia subiscono molestie sul posto di lavoro. Allusioni, frasi ammiccanti buttate lì solo per creare imbarazzo. Il 70 per cento ha dichiarato di avere ascoltato battute sessiste o volgari, rivolte a loro stesse o ad altre donne, sul posto di lavoro. Lo denunciano soprattutto le lavoratrici senza un partner e in imprese con meno di 49 dipendenti.

Se sei donna fare carriera è più difficile. Nella pubblica amministrazione sono il doppio rispetto agli uomini, eppure solo il 41 per cento ricopre ruoli di responsabilità (ricerca condotta da Centro Studi Enti Locali, basata sull’elaborazione dei dati derivanti dall’ultimo conto annuale della Ragioneria generale dello Stato). Il tutto mentre le laureate sono il doppio rispetto ai laureati. Un quadro in cui la Puglia non si distingue in positivo. Secondo una recente ricerca realizzata da Censuswide, commissionata da Avon, più di nove lavoratrici pugliesi su dieci pensano che gli stereotipi di genere portino a reali discriminazioni fra donne e uomini. È il dato peggiore in Italia. Il 71 per cento, inoltre, ritiene che non ci sia abbastanza rappresentazione femminile all’interno dei senior leadership team delle aziende.

Due terzi lamenta di non riuscire a raggiungere posizioni a livello “Quadro” a favore dei colleghi uomini. Due terzi rileva disparità nella retribuzione rispetto ai colleghi uomini di pari anzianità ed esperienza. Un altro dato eclatante è quello delle dimissioni. Nella sola Basilicata sono state 240 solo nel 2023, in crescita rispetto all’anno precedente. Nella sola Matera sono state 83, 19 in più rispetto al 2022 (dati presentati ieri e che fanno parte della relazione annuale della consigliera di parità lucana e dall’ispettorato del lavoro). Non va meglio in Puglia con la Cisl che ieri ha dichiarato che tra il 2022 e il 2021 il numero di donne che hanno lasciato il lavoro è aumentato del 20 per cento.

Ha fatto notizia, d’altronde, che si sia dovuto aspettare il 2023 per vedere per la prima volta una donna vincere da sola il premio Nobel in economia per una istituzione che esiste dal 1901. Le parole della professoressa dell’Università di Harward, Claudia Goldin, sul gender gap italiano, lasciarono interdetto più di qualcuno: «Bisogna coinvolgere di più gli uomini nella cura dei figli e degli anziani e sovvenzionare di più i servizi per l’infanzia». Si potrebbe andare ancora avanti a lungo perché non solo quella attuale è una società fortemente maschilista ma i dati non sempre mostrano una situazione in miglioramento. Un problema non solo italiano. Globale. Un recente rapporto della Fao, ad esempio, dimostra la correlazione tra l’innalzamento delle temperature del pianeta e l’incremento del gender gap.

Le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori partono dalle significative differenze esistenti in termini di produttività agricola e di salari tra donne e uomini. Anche per questo è importante sottolineare che la giornata della donna non può essere ridotta a un semplice gesto simbolico o ad una retorica vuota. Eventi e iniziative finiscono per sovrapporsi l’8 marzo ma cosa resta realmente il giorno dopo? Il timore che una ricorrenza che dovrebbe far ribollire il sangue finisca per agire da agente “normalizzatore” è sempre più forte ed è assurdo che lo si avverta ancora in un Paese che ha da poco scelto come presidente del Consiglio una donna.

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