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mercoledì 9 Ottobre 2024
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Il caldo affosserà una impresa su tre: Taranto, Foggia e Brindisi tra le province più esposte

Uno studio realizzato dal’Icsr (International Center for Social Research) per conto di Ener2Crowd individua in Catania, Taranto, Foggia e Brindisi le province italiane più esposte alle ondate di calore. Una condizione che, sempre secondo i ricercatori, inciderebbe e non poco anche sui fatturati delle imprese.

Su questi ultimi, inoltre, peserebbero anche costi maggiori di riparazioni delle strumentazioni e non solo, dunque, i mancati introiti. A livello nazionale rischia di essere ridimensionata una impresa su tre. Le stime più recenti (lo studio è stato realizzato nel mese attuale, ndr) i rischi climatici farebbero ipotizzare che nel 2050 l’8 per cento delle aziende italiane subiranno perdite significative a causa delle ondate di calore, con punte fino al 55 per cento nel Mezzogiorno. Il settore più a rischio, d’altronde, è il più importante al Sud e quello che in Puglia, ad esempio, impiega il maggior numero di lavoratori: l’agricoltura, insieme alla pesca e all’allevamento (56 per cento). Segue il settore energetico e dell’approvvigionamento idrico (45 per cento) e l’edilizia (44 per cento). Saranno tutt’altro che trascurabili, inoltre, i danni per la logistica (42 per cento), l’industria (39 per cento), alberghi e ristorazione (35 per cento), servizi (33 per cento), commercio (32 per cento) e artigianato (30 per cento). Un vero e proprio tsunami economico, dunque, che entro i prossimi ventisette anni rischi di travolgere l’Italia e, in particolare, le regioni del Sud.

«Già ad oggi a livello globale i disastri naturali causano oltre 10 mila morti all’anno e danni per più di 250 miliardi di dollari», evidenza Giorgio Mottironi, Cso di Ener2Crowd. Lo studio ha preso in considerazione, in particolare, quattro aspetti: le ondate di calore, le precipitazioni intense, le inondazioni e le frane. Il fatto che quattro dei primi cinque posti sulle province italiane siano occupati da territori pugliesi, rende bene l’idea di come il Tacco d’Italia sia tra le aree del Paese che rischiano di pagare il prezzo più alto. Una criticità che nell’ultimo anno va ad aggiungersi a una inflazione galoppante come non si vedeva da decenni. Un mix che stringe nella morsa le imprese, chiamate a garantire i servizi anche quando i costi rischiano di renderli antieconomici.

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