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mercoledì 9 Ottobre 2024
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In Puglia sempre più anziani: il 24,2% dei residenti è over 65. Allarme denatalità

La popolazione pugliese è sempre più vecchia: il 24,2% dei residenti nel tacco d’Italia ha un’età maggiore di 65 anni, un dato leggermente inferiore alla media nazionale (24,3%), ma in aumento rispetto a quella dell’anno precedente (23,8%). Lo rivela il rendiconto sociale regionale 2023 Inps Puglia, i cui dati evidenziano in primis che la popolazione pugliese, in linea con la tendenza nazionale, continua a decrescere a causa della persistente diminuzione delle nascite.

Sempre più vecchi

Un calo che, insieme all’aumento della speranza di vita, è alla base del progressivo invecchiamento della popolazione. A livello provinciale, il ricambio generazionale meno sfavorevole risulta quello della Bat. Le province di Lecce, Brindisi e Taranto hanno una incidenza di popolazione anziana superiore alla media regionale ed una di popolazione giovane inferiore.

In negativo

Il saldo negativo tra nascite e decessi, in atto già da tempo, non viene però compensato dal numero degli immigrati, nonostante negli ultimi anni, esattamente dal 2019, abbia superato quello degli emigrati. I flussi migratori, sia in entrata sia in uscita, riguardano prevalentemente, per entrambi i generi la fascia di età compresa tra i 18 e i 39 anni.

Cosa spinge i giovani ad abbandonare la propria terra di origine? Senza dubbi il lavoro. Solo una minima parte di essi lo fa per libera scelta, con l’obiettivo di arricchire le loro conoscenze e competenze in un altro Paese. «Gran parte, invece, è costretta a farlo perché in Italia, soprattutto nelle regioni del Sud, non riesce ad entrare nel mondo del lavoro, oppure non è disposto ad accettare un lavoro il più delle volte precario e povero, che non consente una vita dignitosa – spiega nella presentazione del rendiconto la presidente del comitato regionale Inps, Cosima Nadia Polito – I giovani che decidono di restare nel loro territorio di origine, anche per le difficoltà a recidere i forti legami costruiti nel tempo, sono costretti a pagare un prezzo molto alto, dovendo accettare un lavoro il più delle volte instabile, povero, privo di ogni tutela, anche in materia di salute e sicurezza».

L’allarme denatalità

Ma per l’Inps anche in Puglia a mettere seriamente a rischio la tenuta del sistema sociale, a partire dalle pensioni, è l’emergenza legata alla denatalità. Fenomeno che, inevitabilmente, si ripercuote negativamente anche sul sistema previdenziale. L’equazione è presto risolta: con meno lavoratori a versare contributi si erogano meno pensioni. Le misure a favore della natalità, in ogni caso, produrranno effetti non prima di 20-25 anni, quando cioè i nati di oggi inizieranno ad entrare nel mondo del lavoro.
«È evidente quindi che non si può aspettare così tanto tempo e che sarebbe opportuno intervenire con misure che producano effetti nel breve periodo – sottolinea la presidente Polito – come ad esempio favorire l’ingresso nel mondo del lavoro delle donne e dei giovani, far emergere il lavoro sommerso storicamente presente anche nel nostro territorio, regolarizzare gli immigrati che già lavorano nel nostro Paese e nella nostra Regione, in gran parte nel settore agricolo, dove è molto diffuso il problema del caporalato». Una simile misura produrrebbe i suoi effetti positivi anche in termini di sicurezza del territorio, «favorendo l’integrazione degli immigrati nel nostro Paese, considerandoli una risorsa e non una minaccia – conclude Polito – si dovrebbero inoltre aumentare le quote di ingresso di lavoratori stranieri in Italia per motivi di lavoro subordinato, stagionale, non stagionale e di lavoro autonomo».

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