Home Attualità L’inflazione frena le imprese: nell’ultimo trimestre cali a Bari e Foggia

L’inflazione frena le imprese: nell’ultimo trimestre cali a Bari e Foggia

Da una parte i rincari, legati soprattutto alla crescita dei costi energetici, dall’altra la destagionalizzazione del turismo che in Puglia, nonostante i progressi degli ultimi anni, è ancora da completare. Sta di fatto che nell’ultimo trimestre il sistema produttivo regionale ha registrato una frenata. È quanto emerge dallo studio realizzato dall’Osservatorio economico Aforisma sulla base dei dati diffusi da Unioncamere.

In particolare, ci sono state meno iscrizioni al registro delle imprese nel terzo trimestre di quest’anno: il tasso di crescita i è stato dello 0,35 per cento, contro lo 0,43 del terzo trimestre dello scorso anno. A fronte di 4.182 nuove iscrizioni al registro delle imprese, le cancellazioni sono state 2.831: il saldo è di 1.351 aziende in più.

In Puglia si contano 232.592 ditte individuali, 103.664 società di capitale, 32.160 società di persone, 17.426 società costituite in altre forme (ad esempio, sotto forma di consorzi). Sono, in tutto, 385.842 le imprese registrate al 30 settembre 2022.

Nella provincia di Bari, in particolare, si registra una diminuzione degli esercizi commerciali; in quella di Foggia, oltre al commercio, soffre anche l’industria e in quella di Lecce arretra solo l’industria tra i principali settori. Gli altri, invece, sembrano resistere a questa congiuntura sfavorevole. Tuttavia, sottolinea l’osservatorio Aforisma, se da un lato il numero delle aziende lievemente cresce o resta invariato in tanti settori, dall’altro, però, occorre rilevare l’effetto distorsivo dei prezzi sui mercati: l’economia è a rischio se continuano ad essere “instabili”.

«I prezzi – spiega Davide Stasi, direttore dell’istituto economico– non devono aumentare in maniera esponenziale, altrimenti si alimenta l’inflazione, né devono diminuire per un periodo prolungato per evitare la deflazione. Lunghe fasi di inflazione (o deflazione) eccessiva hanno effetti fortemente negativi sull’economia». L’obiettivo dev’essere la stabilità dei prezzi per favorire la crescita. «Solo così – sottolinea Stasi – i posti di lavoro sono al sicuro e i soldi in tasca mantengono il loro valore. Se i prezzi dei beni e dei servizi aumentano ancora, si perde ulteriore potere di acquisto. Questo significa che con il denaro a disposizione (tra reddito e risparmi) non si riesce più a comprare quello che si sarebbe potuto comprare in passato. L’inflazione innesca una spirale di crescita dei prezzi e se tutto diventa più costoso, i lavoratori sono spinti a chiedere un aumento di stipendio. I datori di lavoro, per soddisfare questa richiesta, non possono fare altro che vedersi costretti ad innalzare i prezzi dei loro prodotti. Tutto ciò rende più difficile sia per le famiglie ma soprattutto per le imprese poter pianificare entrate e uscite e, dunque, risparmi ed investimenti. Se il denaro si svaluta rapidamente – conclude Stasi – si comprano meno beni e meno servizi, determinando ripercussioni negative sul Prodotto interno lordo (Pil)».

Decollano i prezzi: inflazione al 12%

L’inflazione galoppante che sta colpendo le imprese pugliesi non si arresta e nell’ultimo aggiornamento mensile segna nuovi incrementi che portano al 12% il dato nazionale. L’elettricità, sul mercato libero, è quadruplicata rispetto a ottobre dello scorso anno. Per il mercato tutelato, invece, l’incremento è stato del 91,5%. «Solo per le – spiega il Codacons – la spesa di una famiglia tipo raggiunge nel 2022 quota 1.782 euro, oltre 660 euro in più rispetto la spesa sostenuta nel 2021, mentre per il gas occorrerà attendere le nuove tariffe che saranno comunicate tra pochi giorni da Arera».

A ottobre l’olio di semi su del 56%

Non si arresta la crescita dei prezzi neanche per quanto riguarda il settore alimentare. Ad ottobre l’olio di semi aumenta del 56,1%, il burro del 42,9%, lo zucchero del 35,9%, il riso del 30,6%, il latte conservato del 29,4%, la verdura del 25,1%, la farina 23,7%, la pasta del 22,5%, le uova 18,7%, il pollame 18% e il pane 15,9%. Complessivamente i beni alimentari salgono del 13,5% rispetto allo scorso anno, il che equivale ad una maggiore spesa annua, solo per il cibo, pari a più 1.011 euro per un nucleo con due figli. «Complessivamente – scrivono dal Codacons – i beni alimentari salgono del 13,5% rispetto allo scorso anno, il che equivale ad una maggiore spesa annua, solo per il cibo, pari a più 1.011 euro per un nucleo con due figli. Di fronte a tale quadro allarmante continuare a chiedere bonus a pioggia è demenziale, non risolve il problema della crescita dei prezzi e finisce solo per pesare sulle casse pubbliche danneggiando doppiamente i cittadini – afferma il Codacons – L’unica strada da seguire è quella di misure strutturali in grado di produrre effetti sul lungo periodo, a partire dal taglio dell’Iva su alimentari e beni di prima necessità che produrrebbe un effetto immediato sui listini al dettaglio».

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