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Nettis, dalle chat la verità sul secondo uomo sotto casa: «Perché c’è un solo indagato?»

Conoscere l’identità dell’uomo che il 28 giugno fu visto discutere con Patrizia Nettis e con quello che, al momento, è l’unico indagato è uno snodo fondamentale. Ne è convinto Giuseppe Castellaneta, legale della famiglia della giornalista 41enne, trovata senza vita nella sua abitazione di Fasano il 29 giugno scorso. Innanzitutto l’autopsia, ribadisce l’avvocato, che si accinge a presentare per la quarta volta istanza di riesumazione della salma, dopo la ricognizione del lavoro fatto sui dispositivi informatici dal perito della Procura di Brindisi. Poi la ricostruzione dei rapporti lavorativi e della vita privata della donna, che potrebbe fornire almeno una motivazione alla tesi del suicidio, sostenuta dal pm Montinaro.

«Attendo di sapere se è vera la circostanza, che è stata riportata da più parti, della presenza di due uomini al cospetto di Patrizia la sera del 28 giugno. Appena avremo l’ufficialità delle generalità del secondo uomo cercheremo di capire in base a quale principio uno è stato indagato e l’altro no», dice Castellaneta.

Il cellulare dell’indagato, per stalking e istigazione al suicidio, fu sequestrato il 20 luglio scorso. Dalle sue chat sembrerebbe arrivare una prima conferma del fatto che fosse sotto casa della Nettis la sera del 28 giugno. In alcuni messaggi ci sarebbero anche riferimenti piuttosto circostanziati all’altro uomo. L’elemento dirimente, però, è l’I-phone 14 della professionista, bloccato per i troppi tentativi di apertura falliti. Ieri la difesa ne ha chiesto il dissequestro per provare a metterlo nelle mani di Marco D’Aprile, tecnico Apple, incaricato di studiare soluzioni alternative per accedere ai contenuti.

Intanto, si passano al setaccio le chat Instagram, Whatsapp, Telegram e Messenger dell’indagato, insieme alla lista delle chiamate in uscita e in entrata della Nettis, acquisita dal suo Apple Watch. Sono molti gli interrogativi aperti. Secondo la difesa, ci sono incongruenze, se non vere e proprie lacune investigative, anche nelle scelte fatte quel giorno dalle forze dell’ordine e dal magistrato di turno. Per esempio, per quale motivo sequestrare il telefono della vittima e non l’immobile in cui sarebbe avvenuto il suicidio?

Nelle prossime ore sarà depositata in Procura a Brindisi la perizia tecnica sul MacBook. Il dispositivo, e tutto ciò che è stato salvato su iCloud, potrebbe raccontare la parte mancante della storia.

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