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venerdì 27 Settembre 2024
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Traffico di rifiuti tra Italia e Tunisia: l’inchiesta partita da Potenza, 16 indagati

È partita da Potenza l’inchiesta che ha portato alla scoperta di un illecito traffico di rifiuti tra Italia e Tunisia. Nel 2020, in particolare, nel Paese del Nord Africa sarebbero state trasportate 7.891 tonnellate di rifiuti stipati in 70 container.

Nell’ambito dell’inchiesta un funzionario della Regione Campania è finito agli arresti domiciliari. Gli indagati sono in tutto 16

A carico dell’arrestato le indagini avrebbero accertato «omissioni e condotte ritenute, a livello di gravità indiziaria, un consapevole contributo all’illecito traffico di rifiuti».

Nell’inchiesta sono coinvolti anche intermediari, imprenditori, titolari di aziende di trattamento-recupero, società di intermediazione e funzionari pubblici. I reati ipotizzati sono quelli di traffico illecito di rifiuti, fittizia intermediazione di beni, gestione illecita di rifiuti e realizzazione di discarica abusiva e frode nelle pubbliche forniture.

In sostanza, il traffico di rifiuti aveva come esito finale l’incendio dei rifiuti o il loro abbandono o interramento in Africa. Tutto basato su un contratto firmato il 30 settembre 2019, a Polla – nel Salernitano -, tra un società campana e una tunisina per il trasporto in Africa di 120 mila tonnellate di rifiuti. Nell’intesa erano coinvolte anche due ditte di intermediazione, una con sede a Soverato – in provincia di Catanzaro -, l’altra in Tunisia.

È cominciato così il trasferimento, via nave attraverso il porto di Salerno: ma un reportage di un’emittente televisiva tunisina sull’importazione dei rifiuti aveva portato prima a un’inchiesta con alcuni arresti, poi al blocco dei rifiuti stessi.

In Italia, le indagini dei carabinieri hanno scoperto «un complesso sistema attraverso cui è stato organizzato un ingente traffico illecito di rifiuti reso possibile, tra l’altro, dalla concessione di due autorizzazioni» rilasciate da un ufficio di Salerno della Regione Campania (in relazione ai quali sono indagati i due funzionari regionali).

L’impianto tunisino che ricevette le quasi ottomila tonnellate di rifiuti fu interessato da un incendio che ne distrusse «buona parte». In base a un accordo di cooperazione tra Tunisia e Regione Campania i container pieni di rifiuti sono stati ritrasferiti in Italia: i consulenti che li hanno esaminati hanno accertato «la non corrispondenza della qualità dei rifiuti in sequestro al codice di riferimento dichiarato dall’esportatore».

Curcio: «Cannibalismo di società italiane per risparmiare sui costi»

Il procuratore di Potenza, Francesco Curcio, ha parlato di «cannibalismo di società italiane per risparmiare quasi la metà dei costi».

Curcio ha spiegato che «il costo dello smaltimento per le società coinvolte si abbatteva dai 180 euro a tonnellata a circa 90 euro. Per risparmiare sui costi – ha aggiunto – non si può pensare di trasformare Paesi vicini in luoghi di smaltimento di ciò che nel nostro paese non si può più recuperare. Vi sono esuberi in Italia di rifiuti non più recuperabili, che andrebbero smaltiti a costi elevatissimi e che si cerca di svicolare attraverso marchingegni che portano discredito al nostro paese».

Oltre alle misure personali, la Procura ha eseguito una serie di sequestri di beni alle società coinvolte pari all’illecito profitto maturato che è di oltre due milioni di euro.

Nel corso dell’attività ci sono stati anche tentativi di occultare beni di una delle società coinvolte, attraverso l’acquisizione di altre società «al momento oggetto di indagine».

I rifiuti, ora trasferiti presso il comprensorio militare di Serre, in provincia di Salerno, sono stati campionati – risultati non corrispondenti al codice di riferimento della qualità – e saranno smaltiti con costi a carico della Regione Campania.

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