Home News Elezioni, Capone: «La destra vuole far ricco solo il Nord»

Elezioni, Capone: «La destra vuole far ricco solo il Nord»

La questione femminile sembra essere passata in secondo piano nel dibattito. Non trova che la possibile nomina di Meloni a presidente del Consiglio stia offuscando i problemi della rappresentatività femminile in Parlamento?

«È doveroso affrontare oggi il tema dei rincari e dell’emergenza energetica, ma questo nulla deve togliere all’urgenza del confronto sulla questione femminile e chi se ne dimentica, o peggio ancora si fa portavoce del peggiore dei machismi, non è la persona giusta per rappresentare il Paese. Se una donna, che ambisce addirittura a diventare premier, non si batte per i diritti di tutte le altre donne, ma al contrario non ci pensa due volte a sbattere uno stupro sui social, il rischio di fare mille passi indietro è troppo alto. Purtroppo non siamo ancora l’Italia dei diritti, quella che la nostra Costituzione sancisce, la patria dei diritti civili e della libertà di essere. Ecco perché andare a votare e fare la scelta giusta è necessario».

Il centrosinistra guida quasi tutti i capoluoghi pugliesi e la Regione. Lo fa solo con uomini al comando. Anche oggi le candidature vedono una prevalenza maschile, soprattutto nelle posizioni “più eleggibili”. Serviva più coraggio?

«Intanto va detto che anche la mia posizione è eleggibile in quanto i due candidati che mi precedono sono anche in altri collegi dove il centrosinistra è dato per favorito. Quindi, in caso di loro elezione, scatta la mia. Penso che in Puglia il Pd farà un buon risultato. Penso anche che c’è molto da fare sul piano dei diritti, del riconoscimento del merito, del rispetto delle competenze, in Puglia e in Italia. Noi donne dobbiamo essere piu compatte e intraprendenti, ma chi esercita ruoli decisionali – in prevalenza uomini – deve riconoscere i meriti. Nel Consiglio regionale, in tutto il centrodestra non è stata eletta neppure una donna. Non a caso nel 2020 non si riuscì ad approvare la legge sulla doppia preferenza e dovette intervenire lo Stato in supplenza. Se ci siamo lasciati così, perché mai ci saremmo dovuti aspettare qualcosa di diverso? Personalmente ci ho sperato, per esempio quando il nostro Consiglio regionale ha approvato all’unanimità la legge sulla parità salariale, ma la verità è che ci troviamo di fronte a una battaglia culturale prima che politica. Siamo ostaggio degli stereotipi. Una cosa è certa: il nostro tempo è ora e perciò mi sono candidata».

Da presidente del Consiglio regionale sa quali sono i rischi cui va incontro il Sud in caso di maggiore autonomia, soprattutto fiscale, al Nord. Letta, di fronte ai governatori Emiliano e De Luca, ha garantito che sull’autonomia differenziata darà battaglia. Bonaccini, però, è su posizioni diverse. Il Pd si spaccherà?

«La prima preoccupazione che viene a sentire parlare le destre di modifica del Pnrr è il rischio, se malauguratamente andassero loro al potere, di una modifica dei criteri di ripartizione delle risorse con conseguente sottrazione al Sud del 40% delle somme che invece adesso è garantito. Sarebbe l’ennesima occasione sprecata per superare il divario Nord-Sud.

La verità è che le destre non vogliono garantire la crescita del Sud, ma rendere ancora più ricche le regioni del Nord da loro governate. E, d’altra parte, perché mai si rifiutano di fare ora la ripartizione dei 22 miliardi di fondi di sviluppo e coesione che ci spettano e che servirebbero come il pane ai nostri Comuni per realizzare progetti già pronti e che da tanto tempo attendono? Perché le destre vogliono rinviare la ripartizione a dopo il voto? È la solita battaglia: sapeste quante volte ho dovuto battermi in Conferenza Stato-Regioni perché fosse rispettato il criterio, introdotto da Prodi, che prevede che l’80% dei fondi di sviluppo siano erogati al Sud e il 20% al Nord. La minaccia di sovvertire questo criterio era sempre latente negli interventi delle Regioni governate dalla destra. Solo l’approfondimento dei dossier e la capacità di difendere le comunità ci hanno consentito di salvare e spendere bene le risorse: così la Puglia ha potuto realizzare opere e servizi. L’autonomia differenziata, tanto sollecitata da Lombardia e Veneto e voluta della destre, va nella stessa direzione della modifica del Pnrr: rafforzare l’economia di quelle regioni anche nei settori come la sanità, su cui ora ha più potere lo Stato, a danno del resto del Paese e del Sud in particolare. Insomma al Nord i cittadini di serie A, al Sud quelli di serie B che per curarsi e lavorare devono emigrare. Chissà quanto ancora dovranno aspettare se rivinceranno i Tremonti e i Berlusconi che hanno bloccato sinora lo sviluppo del Sud per avere le infrastrutture e i servizi necessari per sentirsi davvero italiani ed europei. Noi non lo permetteremo e sono certa che nessuno nel Pd – né Letta né Bonaccini – se è vero che condividiamo gli stessi valori, potrebbero mai accettare di abbandonare migliaia di famiglie».

La Puglia si pone come terra di frontiera, ma anche come avanguardia di un Sud operoso e produttivo. Siccità e Xylella, però, rischiano di penalizzare l’agricoltura: cosa si può fare per evitare che il conto lo paghino i contadini?

«Da anni siamo accanto ai giovani che denunciano il cambiamento climatico. Un fenomeno che per troppo tempo è stato sminuito e che oggi sta impattando sulla vita di tutti noi. Purtroppo, tra i primissimi a dover affrontare questa crisi ambientale, ci sono proprio gli operatori del settore agricolo che in Puglia soffrono anche la Xylella. La Regione è impegnatissima su questo fronte e con l’assessore Pentassuglia sta cercando di risolvere le difficoltà accelerando gli interventi indispensabili per garantire agli imprenditori e al paesaggio di tornare a rappresentare la bellezza del territorio. Il programma del Pd affronta questi temi con proposte puntuali, concrete e realizzabili, associando alle buone produzioni agricole la salute e il benessere delle persone e la salvaguardia del territorio: dal Piano nazionale per l’acqua, la siccità e il dissesto idrogeologico del territorio agli investimenti per l’innovazione tecnologica, passando per gli incentivi alle filiere sostenibili».

I capigruppo in Regione stanno discutendo per arrivare a una proposta unitaria per attenuare l’effetto del caro bollette. A che punto siamo?

«Ho convocato la conferenza dei capigruppo perché le proposte di legge presentate dai colleghi abbiano la priorità. Ora sono all’esame dell’ufficio legislativo e degli uffici della Giunta che dovranno verificarne la compatibilità con le altre norme. Una volta ottenuta l’analisi tecnica normativa e amministrativa ne discuteremo nelle Commissioni competenti in modo da portarle in Consiglio. Chi paga le conseguenze del caro-bollette sono le persone che finora hanno contato il centesimo per arrivare a fine mese e le imprese che hanno visto, in pochi mesi, triplicare i costi dell’energia. Io mi metto nei loro panni e penso che oggi l’urgenza sia proprio questa: ridurre il costo delle bollette a carico di famiglie e imprese. Per farlo condivido la spinta di Letta a mettere un tetto europeo al prezzo del gas. Diciamo sì a politiche pubbliche che riducano l’esposizione di intere economie nazionali alla speculazione spietata dei mercati e mitighino gli extraprofitti delle compagnie energetiche. Si tratta di temi che investono le competenze nazionali ed europee. Ma anche la nostra Regione è impegnata: siamo stati tra i primi ad approvare la legge sulle comunità energetiche, abbiamo voluto l’avviso sul reddito energetico cui hanno risposto 900 famiglie».

Sulla riforma dell’Arpal c’è chi ha denunciato ritardi nella convocazione del Consiglio, poi avvenuta per il 4 ottobre. C’era la volontà di rinviare tutto a dopo le elezioni?

«Nessun ritardo. Appena cessato il periodo di sospensione regolamentare del Consiglio regionale ho convocato la conferenza dei capigruppo che ha fissato per la discussione per il 4 ottobre. Si tratta di una proposta di legge importante che non si limita alla sola questione della guida dell’ente ma prova a fare uno sforzo di riorganizzazione che consenta ai pugliesi di ottenere il massimo beneficio in un momento in cui il tema del lavoro e delle politiche attive per incrementarlo devono essere al primo punto di tutte le agende politiche».

Mancano ancora tre anni alla fine del mandato di Michele Emiliano. Potrebbero esserci poi le condizioni per la prima donna alla guida della Puglia?

«Non sono abituata a fare programmi sui destini personali. Voglio dare il mio contributo per immaginare e realizzare la Puglia di domani. Dovrà essere quel luogo dove donne e uomini scelgono di restare perché sanno che qui potranno realizzare i propri sogni».

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