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Il gioco pericoloso dei partiti con i fondi europei del Pnrr

Quello che i partiti stanno facendo con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), dalla modica cifra di 191,5miliardi di euro, è un vero e proprio tiro alla fune. Tra chi vuole rivederlo e chi vuole conservarlo così com’è, il rischio è che, tirandola troppo, la fune si spezzi. Tradotto: se non si rispettano le date fissate dall’Unione Europea per l’attuazione dei progetti, i fondi potrebbero saltare. E a farne le spese sarebbe il futuro del Paese ma soprattutto del Mezzogiorno, dato che il 40% dei fondi dovrebbero andare al Sud e alle regioni depresse. Da sinistra a destra, non mancano le posizioni di chi propone una revisione del Pnrr, soprattutto in virtù delle mutate situazioni geopolitiche globali. Per quanto riguarda il centrodestra, l’ “Accordo quadro di programma”, depositato dai tre partiti della coalizione al Viminale, non esclude affatto la possibilità di rivedere l’organizzazione dei fondi. Nel quadro di programma si legge infatti: «Accordo con la Commisione europea, così come previsto dai regolamenti europei, per la revisione del Pnrr in funzione delle mutate condizioni, necessità e priorità». Cosa questo punto intenda esattamente non è chiarissimo. E le idee, all’interno dello schieramento, appaiono leggermente diverse. Hanno fatto scalpore le parole della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, a Cernobbio, quando palesò la sua intenzione di rivedere la gestione del Pnrr: «Non può essere un’eresia dire che il Pnrr può essere perfezionato: è previsto nella norma». Matteo Salvini, replicando a Francesco Boccia che aveva puntato il dito contro la Lega accusandola di voler decurtare i fondi destinati al Mezzogiorno, durante il suo comizio a Barletta ha rassicurato gli animi di tutti. «Tutti quei miliardi – ha detto il leader del Carroccio – è bene che arrivino effettivamente al Sud e vengano spesi bene». Anche Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia, ha espresso una posizione “revisionista” sui fondi europei. «Quando il Piano è stato ideato – ha detto Tajani – non sapevamo dove sarebbero cadute le macerie. Poi sono arrivate anche quelle della guerra. Ed ora, se serve, si può pure rinunciare a un progetto e spostare le risorse su un altro investimento».

Ancora più complessa è la posizione del centrosinistra, dato che i tre partiti della coalizione hanno presentato tre programmi diversi. Sinistra Italia e Verdi spingono verso maggiori investimenti nell’ambito della transizione ecologica. Il Partito democratico, invece, “blinda” il Pnrr così com’è, con il segretario Enrico Letta che ha detto no a qualsiasi rinegoziazione. Il programma che dedica più voci al Pnrr, è quello del Terzo Polo Calenda-Renzi. Non si tratta di modificare le misure già previste, ma di portarle a compimento nei tempi previsti, elevando a 750milioni di euro all’anno i fondi a disposizione dei comuni per le spese di progettazione. Stupisce, invece, che nel programma del Movimento 5 Stelle i riferimenti al Piano siano pochi. Ad Avvenire, l’11 agosto, Giuseppe Conte, presidente del Consiglio artefice delle negoziazioni nei tavoli europei, si è detto favorevole a una revisione del Pnrr alla luce della pandemia e dell’inflazione.

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