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sabato 27 Luglio 2024
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Agricoltura cellulare, Bruna Anzà ospite del TedX Bari: «La divulgazione per superare la diffidenza»

«L’agricoltura cellulare avrebbe un impatto positivo sul problema del sovrasfruttamento delle risorse. Sull’argomento serve tanta divulgazione, in modo da fare chiarezza e superare la diffidenza della gente». A evidenziarlo è la dottoressa Bruna Anzà, dottoranda in Chimica al Politecnico di Torino, che nelle scorse settimane ha parlato di agricoltura cellulare sul palco del Tedx Bari.

Dottoressa Anzà, che esperienza è stata quella del Tedx Bari?

«Ho parlato del tema del bestiario dal mio punto di vista, quello di una ricercatrice in agricoltura cellulare. È stata un’esperienza meravigliosa, con un’organizzazione impeccabile. L’aspetto più stimolante è stato la sintonia tra l’associazione e gli speaker. Si è parlato di tantissimi argomenti, dalla geopolitica ai sistemi alimentari».

Nel suo discorso ha parlato anche della mancanza di risorse. In questo senso, la carne coltivata può rappresentare una soluzione al problema?

«Credo non esista una sola soluzione al problema del sovrasfruttamento delle risorse. Da sola, l’agricoltura cellulare, così come altre soluzioni, non cambierebbe lo status quo».

Ma quale sarebbe l’impatto?

«I dati preliminari ci dicono che avrebbe un impatto positivo. Le quantità di acqua e di risorse utilizzate per produrre carne tramite agricoltura cellulare sono molto minori rispetto a quelle tradizionali».

Uno dei problemi è legato alla diffidenza della gente. Come si leviga?

«Credo che la diffidenza sia legata a una comunicazione errata. Per fare chiarezza sull’argomento è necessaria tanta divulgazione. Bisogna parlare con chi si occupa di agricoltura cellulare e fare domande quando qualcosa non è chiaro».

Ma non solo.

«A noi ricercatori spetta il compito di riconoscere l’importanza della comunicazione in questo processo e parlare con le persone che magari non riescono a conoscere i dati. È fondamentale che la comunità scientifica parli».

Quali sono le differenze tra l’Italia e il resto del mondo sugli sviluppi della ricerca?

«Guardando a un panorama globale, ci sono Paesi come gli Stati Uniti d’America e Singapore in cui prodotti a base di agricoltura cellulare sono stati già approvati e, di conseguenza, commercializzati. Da poche settimane anche in Israele».

E in Europa?

«Nel panorama europeo, invece, siccome la normativa è comunitaria, non ci sono ancora le approvazioni. Ma Paesi come l’Olanda sono dei pionieri. Infatti, il primo prototipo di burger realizzato tramite agricoltura cellulare è stato messo a punto da una start up olandese».

Altri Paesi?

«In Europa hanno investito tanto anche l’Inghilterra, che ormai da un punto legale ha la sua Agenzia per la sicurezza alimentare, e la Germania, che nell’ultimo piano di governo ha annunciato tanti fondi per le proteine alternative in generale».

E sul fronte opposto?

«L’Italia, come Francia e Austria, ma anche altri Paesi meno popolosi, ha manifestato preoccupazioni sull’agricoltura cellulare. Però è anche l’unico Paese ad aver implementato una legge che ne vieta la produzione».

Quali le principali differenze tra l’agricoltura cellulare e la carne di allevamento?

«Innanzitutto a livello produttivo, perché nell’allevamento tradizionale l’animale deve crescere, per cui ci sono delle tempistiche diverse dai processi di agricoltura cellulare».

E poi?

«A livello pragmatico, invece, le cellule utilizzate sono analoghe a quelle che si trovano nella carne. L’unica differenza è l’assenza dell’animale, che non deve essere allevato per poi essere ucciso».

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