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Conti correnti spiati, il bancario si difende: «Era curiosità, mai diffuso quelle informazioni»

Avrebbe spiato i conti di decine e decine di persone ora per aiutare parenti e vicini di casa «poco avvezzi all’uso della tecnologia», ora per assecondare le richieste di informazioni rivoltegli da colleghi e imprenditori, ora sotto la spinta di quella «curiosità/compulsività» per curare la quale si è successivamente rivolto a uno specialista. In ogni caso, comunque, non avrebbe diffuso i dati relativi ai personaggi pubblici monitorati. Vincenzo Coviello ha usato queste argomentazioni nel corso del procedimento disciplinare aperto nei suoi confronti da Intesa Sanpaolo, dicendosi disposto persino a un cambio di mansioni e ad assumersi la responsabilità dei danni subiti dalla banca: parole e intenzioni che, tuttavia, non hanno salvato il 52enne dal licenziamento.

In una lunga memoria consegnata a Intesa Sanpaolo, Coviello ha chiarito il motivo dei 6.637 accessi abusivi ai conti correnti, relativi a 679 filiali e a 3.572 clienti, effettuati tra febbraio 2022 e aprile 2024. Il 52enne lo avrebbe fatto innanzitutto per aiutare parenti, conoscenti e vicini di casa anziani che avevano necessità di verificare informazioni sui loro conti correnti: più precisamente, avrebbe assecondato le loro richieste «per non risultare scortese» e perché i loro gestori non erano sempre «facilmente raggiungibili». In secondo luogo, l’ex dipendente di Intesa Sanpaolo avrebbe fatto accesso ai conti correnti per aiutare i colleghi con i quali si era avvicendato nelle quattro filiali in cui aveva prestato servizio nell’arco dei primi 12 anni di carriera. «È spesso capitato che i nuovi gestori che hanno preso in carico i clienti da me gestiti mi abbiano contattato per avere informazioni – ha raccontato Coviello – su ditte e società gestite durante i miei precedenti incarichi di Gestore Imprese presso la filiale di Barletta. Ciò mi ha portato a fare degli inquiry (richiesta di informazioni su un conto o una transazione, ndr) al terminale per poter dare corso alle loro richieste». In più, aziende seguite da Coviello nel corso degli anni su altre piazze gli avrebbero chiesto informazioni sulla loro posizione, il che avrebbe di fatto “costretto” il 52enne a interrogare il sistema informatico di Intesa Sanpaolo.

Quanto al “dossieraggio” su personaggi pubblici e colleghi, Coviello ha spiegato di aver «agito per curiosità». Nella memoria presentata al gruppo Intesa Sanpaolo, l’ex manager bancario ha precisato di non aver «trasferito le informazioni visionate» delle quali ha affermato «con assoluta certezza di non avere alcun ricordo».

Ma che cosa lo avrebbe spinto a sbirciare nei conti correnti di Giorgia e Arianna Meloni, Michele Emiliano, della famiglia Berlusconi e di numerosi altri rappresentanti delle istituzioni e personaggi del jet set? Semplice: una curiosità che sfociava nelle compulsività e che ogni giorno lo induceva a effettuare accessi abusivi al sistema informatico della banca anche per pochi minuti. Ecco perché, nel corso del procedimento disciplinare, Coviello ha chiesto a Intesa Sanpaolo un periodo di aspettativa non retribuita di 60 giorni per «completare un percorso di supporto psicologico e guarire dalla curiosità/compulsività».

Nella memoria inviata a Intesa Sanpaolo, il 52enne manager ha spiegato anche di essere stato richiamato dal direttore della filiale di Bisceglie e che da quel momento, «conscio degli errori commessi», avrebbe provveduto «ad effettuare gli inquiry di nominativi strettamente necessari alle attività afferenti il proprio ruolo». Sempre nella lunga lettera ai vertici del gruppo, Coviello si è detto anche pentito per poi chiedere scusa «alla banca, ai colleghi tutti, ai clienti, consapevole di aver sbagliato ma allo stesso tempo certo che quei dati visionati non solo non sono stati trasferiti a terzi, ma che ovviamente non sono nella maniera più assoluta tra i miei ricordi».

Nella speranza di evitare il licenziamento, il 52enne bitontino si è detto pronto ad assumersi «le responsabilità per eventuali danni patrimoniali e reputazionali che la banca fosse chiamata a risarcire a causa dei fatti posti alla base del procedimento disciplinare». Tutto inutile: ad agosto Intesa Sanpaolo ha firmato il licenziamento.

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