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Bari, ambientalisti contro il Parco della Giustizia: il Tar si riserva di decidere

(foto di Luca Turi)

Il Tar Puglia si è riservato di decidere sul ricorso presentato da associazioni ambientaliste e cittadini contro il progetto del Parco della Giustizia di Bari, che sorgerà nell’area delle ex Caserme dismesse Milano e Capozzi.

In una animata udienza pubblica, hanno discusso gli avvocati delle parti contrapposte, Fabrizio Lofoco e Luigi Catalano rispettivamente per il Comitato “Per un parco verde di quartiere alle ex Casermette Capozzi e Milano” e per le due associazioni Legambiente e Fare Verde da un lato, dall’altro Chiara Lonero Baldassarra e Nino Sebastiano Matassa per il Comune di Bari e Giuseppe Zuccaro dell’Avvocatura dello Stato per Agenzia del Demanio, i Ministeri dell’Economia, delle Infrastrutture, dello Sviluppo economico e della Giustizia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il presidente della Corte di Appello e il commissario straordinario per l’opera.

Gli ambientalisti hanno ribadito che «quella cittadella è irrealizzabile», perché il vecchio Prg comunale destinava l’area a verde, mentre invece con la realizzazione degli uffici giudiziari gli ettari per il parco sarebbero 6 e non 14, «ben al di sotto dei parametri standard di verde per abitante. Per noi – hanno aggiunto – la salute è un valore primario. Non è vicenda meramente urbanistica, ma ambientale».

«L’obbligo di non toccare il verde fa il paio – hanno concluso – con l’obbligo di verificare le due alternative: corso della Carboneria e progetto Pizzarotti».

Il Comune, dal canto suo, ha eccepito preliminarmente che i ricorrenti impugnano atti che ancora non esistono, come una variante al Prg mai approvata e un pug che l’amministrazione non ha adottato, «chiedendo ai giudici di sostituirsi all’attività amministrativa, interferendo con la stessa». Nel merito, l’avvocatura dello Stato ha evidenziato che quell’area oggi è «in una situazione di assoluto degrado» e che grazie al progetto del Parco della Giustizia potrà essere riqualificata e diventare «fruibile dalla cittadinanza».

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