Home Attualità Bari, caldo e prezzi fuori controllo mandano in crisi anche le orecchiette

Bari, caldo e prezzi fuori controllo mandano in crisi anche le orecchiette

signora delle orecchiette - bari

Le “signore delle orecchiette” si sono esibite in un cooking show davanti a cittadini e turisti per spiegare le tecniche dietro la produzione della pasta fatta in casa più famosa di Bari. L’occasione, che ha richiamato in piazza del Ferrarese tanti curiosi, è stata la festa della mietitura del grano, cereale di cui la Puglia è uno dei maggiori produttori in Italia. Ma i dati sulla situazione del settore diffusi dalla Coldiretti regionale non sono dei più incoraggianti e rischiano di avere un impatto negativo anche sulla produzione di orecchiette di cui il grano duro è uno dei principali ingredienti.

La produzione di questo cereale è in netto calo: in provincia di Bari gli agricoltori hanno registrato punte del 50% in meno sul prodotto raccolto. Coltivare grano duro e tenero sta costando fino a 600 euro in più per ogni ettaro. Le cause dietro l’emergenza sono molte e vanno dell’emergenza siccità all’impennata dei costi di produzione delle sementi e degli aumenti di carburanti e fertilizzanti, fino alla guerra in Ucraina.

Per scendere nel dettaglio, la minore produzione pesa sulle aziende cerealicole con rincari che vanno dal +170% del costo dei concimi, al +129% per il gasolio e un più generalizzato aumento del 68% dei costi correnti. Sempre secondo Coldiretti, in un caso su quattro per le aziende di Bari e provincia i costi generali superano i ricavi. Il grano duro usato per produrre la pasta in questo momento è quotato, infatti, a 55 centesimi al chilo, mentre quello tenero per il pane a 45 centesimi al chilo. L’impatto degli aumenti arriva poi fino al consumatore finale con i prezzi che dal grano al pane aumentano dalle sei alle dodici volte in più: un chilo di prodotto finito può arrivare a essere venduto tra i 2,70 euro e i 5,40 euro.

Il taglio dei raccolti in tutta la provincia di Bari, inoltre, di aumentare la dipendenza della regione dagli approvvigionamenti esteri in ambito agroalimentare che già si attesta sul 64% per quanto riguarda il grano per il pane e del 44% per quello necessario a produrre la pasta. Un trend negativo che è confermato anche a livello nazionale, con l’Italia che riesce a produrre autonomamente solo il 36% del grano tenero che serve per pane e dolci e il 62% di quello duro per la pasta. E la situazione è preoccupante anche a livello internazionale, con la produzione mondiale di grano che per il 2022-2023 è stimata in calo di oltre il 40% viste le difficoltà dei Paesi che ne sono i principali esportatori: Russia, Ucraina ma anche Stati Uniti e Canada.

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