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venerdì 4 Ottobre 2024
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Bari, con lo stop al diesel oltre 5mila posti a rischio: la decisione Ue penalizza un settore già provato da crisi e vertenze

La decisione del Parlamento europeo sullo stop al motore endotermico entro il 2035 avrà ripercussioni anche in terra di Bari, dove sono a rischio almeno 5mila posti di lavoro, secondo le stime degli addetti ai lavori. Il conto, purtroppo, è piuttosto semplice: basti pensare ai già 1.700 esuberi dichiarati da Bosch prima della norma approvata ieri, oppure ai 600 dipendenti dello stabilimento della Magneti Marelli impegnati su linee dedicate all’iniezione a benzina o, infine, ai mille lavoratori della Magna che realizzano cambi per auto a motore endotermico. Alle grandi aziende si aggiungono quelle dell’indotto che, in molti casi, sono già in difficoltà e stanno già licenziando nel silenzio. Il settore sembra non riuscire a rinnovarsi e a rigenerarsi, il 2035 non è domani ma servono strategie e politiche industriali.

Il presidente di Confindustria Bari, Sergio Fontana, non usa mezzi termini: «La sostenibilità ambientale senza sostenibilità economica e sociale è un suicidio. Questa decisione non tiene del dovuto conto le conseguenze economico-sociali di un passaggio così drastico e repentino alla mobilità elettrica e perciò diventa una condanna a morte per gran parte dell’industria automobilistica europea, con conseguenze che già si stanno materializzando nei poli come quello di Bari». Non si tratta di osteggiare la modernità, aggiunge Fontana: «L’industria è favorevole alla mobilità elettrica ma chiede che la transizione sia gestita con gradualità». Condividono le stesse preoccupazioni anche i sindacati. Riccardo Falcetta della Uil evidenzia: «I contraccolpi di questa decisione si vedono già da tempo e ancor di più impatteranno negativamente nei prossimi anni per una semplice ragione: chi comprerà un auto a motore endotermico sapendo che entro il 2035 non varrà più nulla?». Un’altra difficoltà è quella legata alla forza lavoro, ricorda Falcetta: «Nella produzione delle auto elettriche serve un decimo del personale attualmente impiegato, semplicemente perché molti pezzi non vengono costruiti, come il cambio». Per riuscire a non trasformare questo passaggio epocale in macelleria sociale, la segretaria Cgil Bari, Gigia Bucci, richiama tutte le parti alle proprie responsabilità ma sottolinea: «Serve un nuovo protagonismo dello Stato come fu negli anni ’60. Senza un intervento pubblico che favorisca la riconversione degli stabilimenti ma soprattutto la formazione delle persone, altrimenti non ce la faremo e dovremo fare i conti con grandi conflitti sociali».

Il docente Nicola Conenna studia da anni le potenzialità dell’idrogeno e, appena due giorni fa, ha presentato al Senato il suo ultimo libro dal titolo “Idrogeno il nuovo oro”. Ha le idee molto chiare sul futuro del settore automotive: «L’elettrico non va bene per l’Italia, soprattutto perché le materie prime per le batterie sono in mani cinesi, quindi saremmo nuovamente dipendenti da altri. Il Mezzogiorno può essere piattaforma di produzione dell’idrogeno a tutto vantaggio anche del settore automobilistico».

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