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Bari, il sindaco chiede nuovi hotel in città. Federalberghi: «Si salvino quelli esistenti»

All’indomani del ponte del 25 aprile e alle porte di un’estate che si preannuncia, ancora una volta, da record, per il settore turistico, il sindaco Antonio Decaro raschia il fondo del barile, lanciando un appello agli imprenditori perché investano in nuovi alberghi. Una richiesta che però non rispecchia la realtà delle cose, a partire dal «saldo negativo tra aperture e chiusure delle strutture alberghiere», come fa notare il presidente di Federalberghi Bari-Bat, Francesco Caizzi.

L’appello rivolto agli imprenditori locali dal sindaco si è avuto al margine della presentazione del Primo maggio barese, il calendario degli appuntamenti che si terranno in città il giorno della Festa dei lavoratori. Decaro ha annunciato una campagna di «scouting», perché «ci sono tanti bed and breakfast, che creano anche problemi nel centro storico». Una situazione in cui Bari rischia «di non reggere la fortissima domanda con un’offerta adeguata», ed è qui che entra in gioco la necessità di nuovi alberghi. «La richiesta del sindaco mi sembra alquanto incoerente – commenta Caizzi -basti pensare che il Comune di Bari ha un’Imu che è tra le più alte in Italia, allo stesso livello di città come Roma o Milano». Allo stato attuale, le strutture alberghiere in città ammontano a 42, metà delle quali a partire da tre stelle in su. Molte di esse, però, reggono a fatica la concorrenza dei bed and breakfast, circa 2mila 200 nel capoluogo «di cui tre quarti abusivi», come riferisce Caizzi. «Il Comune è perfettamente a conoscenza della situazione – prosegue il presidente di Federalberghi – eppure la consente. Infatti, se da una parte c’è un settore oppresso dalle tasse, dall’altra c’è la totale assenza di sorveglianza». Un esempio su tutti? Per Caizzi, la tassa di soggiorno. «Che andrà a pesare solo sulle strutture regolari, aggiungendosi ai tanti sacrifici che già stiamo pagando». L’idea del sindaco, per Caizzi, «è un approccio troppo superficiale al problema, perché prima di aprire nuove strutture occorrerebbe risolvere i problemi che portano alla chiusura quelle esistenti. Aprire oggi un nuovo albergo – prosegue Caizzi – significa finire di pagarlo tra 33 anni. Questo rende molto difficile, e poco appetibile, entrare nel settore che così tende al declino».

Eppure, le differenze tra bed and breakfast sono molte. «Anzitutto – spiega Caizzi – noi spendiamo circa 25/30mila euro soltanto in sicurezza. Poi abbiamo dei dipendenti, che paghiamo regolarmente e che assumiamo con un contratto nazionale. Oltre a tante altre spese, che rendono l’idea di quanto sia difficile, oggi, fare impresa». Ed è proprio qui la differenza tra le due tipologie di strutture ricettive, tra «chi fa impresa e chi non la fa». «Gli alberghi sono imprese a tutti gli effetti e se queste chiamate finiscono spesso nel vuoto significa che un motivo c’è». Se il flusso turistico, dunque, è destinato ad aumentare, così non è per le strutture alberghiere «che richiedono tempo, impegno e investimenti per essere gestite».

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