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martedì 8 Ottobre 2024
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Bari, un riconoscimento per il ginecologo Filippo Boscia: «Un punto di riferimento importante»

Un riconoscimento ai suoi “alti meriti scientifici, accademici ed etici e per le sue straordinarie doti di umana solidarietà e di sollecitudine a servizio della maternità e della vita che nasce” è stato consegnato, stamattina, dal Comune di Bari al professor Filippo Maria Boscia, ginecologo, ex direttore del dipartimento materno-infantile dell’ospedale “Di Venere” del capoluogo e titolare della cattedra di Fisiopatologia della riproduzione umana presso la facoltà di Medicina dell’Università di Bari.

Boscia, originario di Sammichele di Bari, si è laureato con 110/110 e lode ed è risultato vincitore del premio di laurea “Cap. Fulvio Lasorsa” per la miglior tesi discussa nell’anno accademico 1970–71.

Abilitato all’esercizio professionale di medico chirurgo, si è specializzato poi in Ostetricia e ginecologia nel dicembre 1976. È presidente nazionale dell’Associazione Medici Cattolici Italiani (Amci) dal 2013. È autore di 300 pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali e internazionali e curatore di 15 volumi inerenti la medicina della riproduzione, la sessuologia e la bioetica.

Il professor Boscia, ha spiegato il sindaco di Bari Antonio Decaro, «è una di quelle persone speciali che, con il proprio impegno e la grande professionalità, hanno attraversato la vita della nostra comunità lasciandovi un segno, una traccia che si spera sarà percorsa dalle giovani generazioni».

Per i baresi, ha aggiunto il sindaco, Boscia rappresenta «un punto di riferimento importante, per la sua grande dedizione al lavoro che si estende anche nel sociale: docente universitario, direttore di dipartimento, presidente di numerose associazioni quali quella per la donazione del sangue per il cordone ombelicale, o quella di aiuto alle donne e ai bambini abusati».

Il ginecologo si è detto «onorato ed emozionato e, a dire la verità, anche un po’ confuso per questo riconoscimento che l’amministrazione comunale oggi mi conferisce. Devo dire che questa onorificenza è rivolta non tanto al singolo ma alla collettività tutta. Io appartengo a una singolare figura di medico che, col proprio impegno, deve incontrare la fiducia dei pazienti. E questa relazione con i pazienti rappresenta una delle cose più belle che a un medico possa capitare nell’ambito della propria attività. Il nostro compito non può essere limitato alla cura del singolo organo, ma va concepito come un servizio di accoglienza per il paziente inteso come persona, per la sua famiglia, per il suo mondo. L’impegno quotidiano di un medico non è un momento di protagonismo ma un servizio che va svolto con la consapevolezza delle fragilità umane e rivolto alla protezione della vita, sin dai primissimi istanti».

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