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Concorso infermieri, «Chi ha vinto non sceglie la sede. I ripescati invece potranno farlo»

«Io lavorerò a Bari, mio marito a Foggia e abbiamo un bambino. Chi è arrivato dopo di lui in graduatoria, invece, potrà scegliere qualsiasi sede. Non è giusto». La stessa situazione in cui si trovano Antonella Tanzi e e suo marito riguarda almeno altri 100 dei 566 vincitori del concorso regionale per infermieri. Indetto nel 2019, la Regione ovviamente non aveva previsto la pandemia e la necessità di rinforzare immediatamente tutte le strutture sanitarie.

Molti partecipanti al concorso si misero subito a disposizione per affrontare l’emergenza accettando un contratto di dodici mesi nelle singole Asl. Ora che il concorso è stato portato a termine e c’è una graduatoria con 4 mila idonei, per i primi 566 si è proceduto all’individuazione delle destinazioni. Per le sedi si è data priorità alle preferenze indicate dai candidati ma una volta riempiti i posti, scorrendo la graduatoria, sono state proposte sedi distanti da dove vivono e lavorano adesso. «La cosa incredibile – racconta Antonella Tanzi – è che nel frattempo la richiesta di infermieri è aumentata vertiginosamente e si procederà all’assorbimento anche di chi non è arrivato nel primi 566. Loro, però, potranno scegliere in funzione delle nuove richieste delle Asl, quindi potranno indicare qualsiasi sede. Mio marito, arrivato tra gli ultimi dei primi 566, deve invece accettare per forza quella di Foggia».
Anche Antonella ha partecipato al concorso ma essendo arrivata nei primi posti ha visto accettata la preferenza che aveva indicato: Bari. «Nel bando del 2019 i posti indicati per la Asl del capoluogo di regione erano 160 – fa notare -. Oggi sappiamo già che la richiesta è salita a 400. Chi verrà ripescato tra il 567esimo e il quattro millesimo avrà l’imbarazzo della scelta. Molti colleghi hanno lasciato un contratto a tempo indeterminato in strutture private del proprio territorio per accettare i dodici mesi nel pubblico e rispondere all’appello per affrontare la pandemia. Uno di questi è mio marito. Ora, però, dopo aver lavorato un anno a Conversano, gli viene chiesto di accettare un incarico dall’altra parte della Puglia». Antonella ha preso in mano carta e penna ed ha scritto a Michele Emiliano nella speranza che una soluzione possa superare i limiti della burocrazia e fare spazio al buonsenso. «Si è vero – si legge nella lettera – abbiamo accettato di partecipare ad un concorso regionale ma quando abbiamo scelto le sedi per far fronte al fabbisogno ci è stata data la possibilità di indicare quelle abbastanza vicine alle nostre necessità. Noi tutti il nostro lavoro lo abbiamo fatto con impegno e non pretendiamo grandi cose ma solo non dover lasciare le nostre famiglie per andare a lavorare dall’altro capo della regione». Antonella fa notare al presidente come siano cambiate le esigenze del sistema sanitario regionale. «Il fabbisogno di ogni Asl – scrive sempre nella lettera – è aumentato indiscutibilmente. Siamo molto meno dei fabbisogni e accontentarci non sarebbe difficile. Dare il giusto riconoscimento a coloro che sono stati definiti eroi solo in pandemia e ora dimenticati sarebbe la giusta ricompensa per un duro lavoro durato due anni. Presidente solo lei può aiutarci e noi potremmo esserle riconoscenti in quanto servitori dello stato. Parlo a nome di tanti ragazzi, tante madri e padri di famiglia che vogliono lavorare onestamente e continuare il loro percorso lavorativo in quanto ben formati già presso i reparti in cui si è prestato servizio in questi ultimi tempi».

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