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Donna uccisa a Gravina, sotto esame la “scatola nera” dell’auto: Lacarpia dal gip

Una perizia sull’auto, la Fiat 500 non del tutto distrutta dalle fiamme, gli esiti dell’autopsia su Maria Arcangela Turturo. Riparte da questi elementi, più molti altri non del tutto secondari, l’inchiesta sulla morte della 60enne di Gravina in Puglia, per la quale è stato sottoposto a fermo suo marito, il 65enne Giuseppe Lacarpia, accusato di aver prima appiccato il fuoco all’auto nella quale lei si trovava e poi di averla uccisa, dopo il suo tentativo di fuga, schiacciandole il torace con i suoi 90 chili.

L’udienza di convalida

Si terrà questa mattina alle 10, l’udienza di convalida del fermo di Giuseppe Lacarpia, disposto dalla Procura dopo il decesso di sua moglie. L’uomo, accusato di omicidio volontario premeditato e aggravato dalla crudeltà, dovrebbe comparire con il nuovo difensore, dopo che l’avvocato Gioacchino Carone, che lo aveva assistito nella prima fase delle indagini, ha revocato l’incarico. Il legale si è da sempre occupato delle vicende della famiglia, e su richiesta dei figli della coppia di costituirsi per loro conto, ha fatto un passo indietro nella difesa dell’arrestato. Ieri mattina, Lacarpia sarebbe caduto dal letto del carcere ed è stato portato per accertamenti al Policlinico di Bari.

L’autopsia

L’esame autoptico sul corpo di Maria Arcangela Turturo è stato eseguito nel pomeriggio di ieri dal medico legale del Policlinico di Bari, Antonio De Donno, lo stesso dell’ispezione cadaverica subito dopo il decesso, ed è durato alcune ore. “Sono presenti multiple lesività riconducibili ad azione contusiva ed in parte all’azione della fiamma – si legge nel suo primo referto – Integrando l’esito della preliminare ispezione cadaverica con il referto della Tac total body (plurime fratture costali anteriori scomposte ed incassate verso il parenchima, a partire dalla III costa anteriormente a destra e dalla II costa a sinistra. In quest’ultima sede le fratture costali determinano compressione sul cuore, frattura del corpo dello sterno che appare incassato verso il parenchima) è possibile ritenere che abbiano concorso il grave traumatismo antero-posteriore sterno-costale e la progressiva anemizzazione in paziente in terapia antiaggregante e anticoagulante”.

Le denunce

Sono numerose le denunce che Lacarpia avrebbe collezionato negli anni: almeno tre quelle presentate da sua moglie, fino al 2012. Di queste, una sarebbe andata a sentenza, un’altra sarebbe prescritta. C’è poi il procedimento penale per il tentato omicidio di suo figlio, come raccontato alla polizia da Antonella, l’altra figlia: «Addirittura una volta mio padre tentò di accoltellare mio fratello e mio padre, per quello, fu arrestato, parliamo dell’anno 2010-2011». Nel 2015, tra le altre, anche una presentata da un prete con il quale aveva auto un grave diverbio. Ma, come spiega ancora sua figlia, erano stati ancora più numerosi gli episodi di violenza che Maria Arcangela non aveva voluto denunciare: «Dopo gli episodi denunciati, ci sono stati altri episodi di violenza, ma spesso interveniva la famiglia di mio padre a mediare e quindi mamma non ha più denunciato. Mia madre voleva andare via. Si confidava con me, con noi figli».

La scatola nera dell’auto

Ulteriori elementi potrebbero arrivare dall’analisi della scatola nera dell’auto, che non è stata fortunatamente distrutta dalle fiamme. Dall’analisi dei dati, gli inquirenti potranno ricostruire meglio quello che è accaduto nella notte fra sabato e domenica scorsi, e verificare anche la versione dell’uomo, relativa a un incidente.

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