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sabato 27 Luglio 2024
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I pazienti oncologici baresi scrivono a Giovanni Allevi: «La musica è un dono, venga a trovarci»

Hanno lasciato il segno le parole pronunciate da Giovanni Allevi dal palco dell’Ariston. Al Festival di Sanremo il compositore ha raccontato la sua esperienza con la malattia, commuovendo il pubblico e regalando emozioni con la sua performance al pianoforte, che è tornato a suonare in pubblico dopo due anni.

La testimonianza di Allevi e la sua esecuzione di “Tomorrow” – brano inedito composto durante la degenza in ospedale – non hanno lasciato indifferenti i pazienti dell’istituto tumori “Giovanni Paolo II” di Bari che, in una lettera inviata per loro conto dalla musicoterapeuta del servizio di Psiconcologia Fulvia Lagattolla, invitano Allevi a Bari «per condividere il dono della musica con tutte le persone che amano le sue melodie e la sua persona».

La lettera raccoglie le testimonianze dei pazienti sull’importanza della musica nei percorsi di cura, entusiasti delle parole e delle emozioni provocate dalla performance di Allevi nella seconda puntata del Festival di Sanremo.

«Ogni volta che mi muovo dal mio paese – racconta Stefano, di 40 anni, che dopo la chemio fa sempre la sessione di musicoterapia – e qualcuno che incontro mi chiede come sto, io rispondo che la chemio mi fa vivere, ma poi dopo so che c’è la stanza felice dove viaggio con la musica. Solo dopo torno a casa più sereno».

L’istituto tumori di Bari, spiega il direttore generale Alessandro Delle Donne, «possiede cinque pianoforti sparsi tra i vari reparti e fa della umanizzazione delle cure e dell’uso terapeutico della musica una missione. Qui suonano i pazienti nei gruppi di musicoterapia, suonano gli operatori sanitari, suonano i musicisti del Conservatorio “Niccolò Piccini” di Bari, con il quale vi è una convenzione per donare musica ai pazienti. Tra tanti progetti di ricerca farmacologici, sono attivi dei progetti di ricerca anche l’utilizzo mirato di interventi musicali, come ad esempio “I suoni della Gentilezza“, dedicato alle persone ricoverate e che non possono muoversi dalle stanze».

Quando ha parlato Allevi, conclude Laura, una donna di 50 anni al sesto ciclo di chemioterapia, «mi è sembrato che parlasse proprio a me. Lo ringrazierei se potessi incontrarlo».

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