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lunedì 14 Ottobre 2024
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Le affiliazioni con i telefonini: così i padrini “battezzano” dalle celle

«Giuro su questa punta di pugnale bagnato di sangue di essere fedele a questo corpo di società formata e di disconoscere madre, padre, fratelli e sorelle, fino alla settima generazione». Decenni di tradizione mafiosa, concentrati in un rituale, la “favella” che non conosce separazioni fisiche, nel tempo e nello spazio.

Ed è in nome di una tradizione che non deve venire meno, allo stesso tempo solidità e fragilità dell’associazione stessa, che i battesimi, le affiliazioni mafiose, vengono fatte dai “padrini” detenuti ai “picciotti” in libertà grazie all’utilizzo di telefoni cellulari.

La novità emerge nelle ultime intercettazioni contenute nelle inchieste della polizia giudiziaria su alcuni clan del territorio barese. Dalle indagini, ancora in corso, emergerebbe un dato non nuovo, e cioè la disponibilità in carcere di telefonini, arrivati in cella nonostante gli accurati controlli all’ingresso. Si tratta di apparecchi della grandezza di pochi centimetri, che i detenuti riescono a celare nelle parti intime e che sfuggono anche alle rilevazioni del metal detector.

I cellulari, da sempre usati per mantenere i contatti con i “soldati” del clan di riferimento, per dare ordini e gestire i traffici illeciti all’esterno, da un po’ di tempo sono necessari anche ad affiliare i nuovi “sodali” all’esterno, con tanto di formula imparata a memoria e oggetti di rito su cui giurare: un coltello, la candela accesa sul tavolo, l’immaginetta di un santino, che i nuovi affiliati lasciano bruciare tra le dita, ripetendo ad alta voce: «E le mie mani devono bruciare come queste immagini se non terrò fede a questo giuramento».

O, in alternativa, «Giuro di dividere centesimo per centesimo e millesimo per millesimo, fino all’ultima stilla di sangue, con un piede nella fossa e uno alla catena per dare un forte abbraccio alla galera». Non prima, però, che il padrino o il “favellante” abbia aperto la cerimonia invocando Conte Ugolino, Fiorentin di Russia e Cavalier di Spagna, «i nostri tre vecchi fondatori della camorra».

La novità, che gli inquirenti ritengono particolarmente allarmante, è la diretta conseguenza della necessità, da parte delle organizzazioni malavitose, di rinfoltire le fila, decimate dalle operazioni di polizia degli ultimi mesi. Dal quartiere Japigia al San Paolo, l’intervento della magistratura, le collaborazioni di nuovi pentiti, hanno messo in ginocchio le organizzazioni criminali, “in debito” di forza lavoro e sempre in tensione per il controllo delle attività illecite, appetibili e contese da altre frange della Camorra barese.

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