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Monia Materazzi, figlia dell’ex allenatore del Bari: «Vi racconto i segreti di papà Beppe» – L’INTERVISTA

La vita è anche l’arte degli incontri e la forza del destino in questo caso sembra manifestarsi per davvero in tutta la sua creatività. La storia di Monia Materazzi, originaria di Lecce, classe 1971, gira intorno a un pallone e conquista anche i meno interessati ai campi di calcio. Inevitabile presentarla subito come figlia di Beppe Materazzi, ex calciatore e storico allenatore di innumerevoli squadre, dalla Primavera del Bari alla Lazio, poi sorella di Marco, ex calciatore dell’Inter e che subì la “testata” di Zidane durante la finale dei Mondiali del 2006, infine moglie di Maurizio Maestrelli, figlio del famoso Tommaso, l’allenatore che portò la Lazio allo scudetto, nella stagione ’73/’74. Questa, però, non è solo una storia di date da non dimenticare, ma un percorso di vita fatto di singolari coincidenze, grandi emozioni, matrimoni, addii precoci, vicende che si snodano tra Bari e Roma.

In famiglia le è stata trasmessa la passione per il calcio: un ricordo d’infanzia che nel tempo sa di destino?

«Avevo cinque anni e al tg vidi le immagini del funerale del 54enne allenatore Tommaso Maestrelli. Quelle scene mi colpirono senza sapere chi fosse. Nel 1995 avrei sposato il figlio, Maurizio, gemello di Massimo, e con lui avrei avuto Andrea e Alessio».

Nel 2011 una malattia si porta via Maurizio: che cosa l’ha aiutata ad andare avanti?

«Con quella che ho conosciuto già nel 1988, quando persi mia madre Anna. Avevo 17 anni e iniziai a dedicarmi ai miei fratelli. L’unione tra chi resta è quella che salva. Per la perdita di Maurizio devo dire grazie all’amore di chi mi era intorno. Tutto quello che lui aveva donato è tornato indietro. Tra i tanti che mi sono stati vicino anche la giornalista pugliese Daniela Mazzacane, sua cugina, andata via troppo presto anche lei».

Come si sono incrociate le vite con un passato così simile come quello tra lei e suo marito? Entrambi avete vissuto a Bari, anche se in tempi diversi, e siete figli di allenatori. Come vi siete conosciuti?

«In un giorno speciale: era il 2 dicembre del 1989, a Roma, in occasione della partita Lazio-Bari che si giocò il giorno seguente, mio padre allenava la Lazio. Mi ritrovai nello showroom dove lui lavorava come rappresentante di moda; era il periodo in cui frequentava anche l’università. Non sapevamo l’uno dell’altra e quel giorno, anni dopo, ho scoperto che era proprio l’anniversario della morte di suo padre, quel Maestrelli che da bimba vidi in tv».

Bari torna sempre: con i suoi fratelli Marco e Matteo ha vissuto qui fino al 1986 e poi nel 1989 si è stabilita a Roma, lì dove si è laureata in legge. Il calcio, nonostante la sua professione di avvocata civilista, ha continuato a tenerla stretta a sé…

«Dal 2012, dopo anni in cui mi sono occupata di diritto sportivo, sono referendaria della Procura federale della Figc, la Federazione italiana giuoco calcio».

Una donna in un mondo frequentato di uomini. La sua famiglia tutta “al maschile” è stata una buona palestra. Da chi ha ereditato la tenacia?

«Da mia madre, per la capacità di essere il punto di riferimento per gli affetti più cari. Siamo una famiglia allargata, non ci si può allontanare, mio padre ha avuto altri due figli maschi».

Si può immaginare come i rituali scaramantici degni del tifo più “sentito” siano stati il comune denominatore tra la famiglia Materazzi/Maestrelli. Un aneddoto?

«Cene “superstiziose” da ripetere con le stesse persone, non una in meno o in più. Mi è stato raccontato, per esempio, che dopo lo scudetto della Lazio tutti i giocatori di Tommaso andarono a cena a Rosa Marina, nella villa di mia suocera Lina, in un’atmosfera di momento sacro».

Un posto del cuore quello della costa pugliese e che appare nel docufilm dedicato a suo suocero “Maestro. Il calcio a colori di Tommaso Maestrelli”, scritto e diretto da Francesco Cordio e Alberto Manni con Massimo Maestrelli. La proiezione è nel programma della Festa del cinema di Roma e si vedrà il 25 e il 27 al Teatro Olimpico. Un film girato anche a Bari e dove suo figlio Andrea, di 26 anni, recita se stesso. Una grande emozione?

«Sì, per mio figlio è il primo lavoro da attore. È al secondo anno di studio nella scuola di recitazione Jenny Tamburi».

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