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venerdì 20 Settembre 2024
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Popolare di Bari, la “scelta” della Procura: così salvò migliaia di azionisti

Con un sequestro preventivo da circa 16 milioni di euro, nell’aprile 2020, il crac della Banca popolare di Bari sarebbe stato inevitabile. Una circostanza che, se si fosse verificata, avrebbe vanificato l’opera del commissariamento, intervenuto il 13 dicembre 2019 per sostenere le sorti dell’istituto di credito. Tre giorni dopo, il Governo tramite un decreto stanziava 900 milioni di euro per il salvataggio.

A questo, a non compromettere definitivamente il futuro economico di migliaia di azionisti, puntava quattro mesi dopo la scelta della Procura di Bari di non operare il sequestro sui conti della Bpb, nell’ambito dell’inchiesta sulle operazioni baciate, uno dei filoni principali ora a processo.

Imputati per ostacolo alla vigilanza e false comunicazioni sociali sono oggi Gianluca Jacobini, ex condirettore della Popolare di Bari, Giuseppe Marella e Nicola Loperfido, rispettivamente responsabili dell’Internal Audit e della Direzione Business dell’istituto di credito.

Secondo le indagini della guardia di finanza, coordinate dal procuratore Roberto Rossi con i pm Savina Toscani e Federico Perrone Capano, i tre ex amministratori avrebbero concesso finanziamenti a grossi gruppi imprenditoriali, a patto che una parte di quei soldi fosse usata per acquistare azioni e titoli. Il valore di quelle azioni (in realtà comprate con fondi della banca stessa) sarebbe poi stato inserito indebitamente nel “patrimonio di vigilanza”, sovrastimando la situazione economica dell’istituto di credito. In questo modo avrebbero presentato a Bankitalia e tutti gli altri soci una solidità finanziaria inesistente. Nel processo in corso, sono costituiti parti civili migliaia di azionisti.

Il sequestro disposto ad aprile 2020 dal gip (su istanza della Procura) sui conti correnti dei tre imputati (4 milioni 952 mila euro per Gianluca Jacobini e Nicola Loperfido, altri 6.096 mila per Giuseppe Marella), nel febbraio 2021 era stato annullato dalla Cassazione, con rinvio al tribunale del Riesame che, nelle scorse settimane ha dato ragione a Jacobini, annullando il sequestro di 452 mila euro (le somme prelevate dal suo patrimonio). La motivazione? “Il sequestro per equivalente – scrive la terza sezione penale – deve essere preceduto dal sequestro in forma diretta delle stesse somme nei confronti della Banca popolare di Bari”, come già avevano affermato i giudici romani.

Alla Procura, che già ha salvato una volta il destino dei risparmiatori, spetta ora la scelta se presentare un nuovo ricorso.

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