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Valenzano, Buscemi e i tassi usurai: il finto lavoro per giustificare il reddito

«A Valenzano, si sa, chiedono tutti i soldi a Buscemi».

Un tasso di interesse mensile mai inferiore al 10 per cento, una regola per Salvatore Buscemi, che con l’usura controllava una buona parte della piccola e media imprenditoria del paese alle porte di Bari. Non solo Filippo Dentamaro, compagno della consigliera comunale Francesca Ferri, allora, ma nomi e cifre che gli investigatori hanno ritrovato nell’ambito delle indagini sul voto di scambio politico-mafioso conclusesi con 19 arresti. E da quegli elenchi ripartono i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Bari e quelli della Compagnia di Triggiano, che ora si concentrano su quel filone di indagine. «Tra i più redditizi affari illeciti condotti dal Buscemi c’è senz’altro – dice la gip che ha firmato l’ordinanza, Rosanna De Cristofaro – la concessione di prestiti usurai, praticati personalmente in favore di numerosi soggetti». Almeno una decina le persone finora identificate grazie alle numerose intercettazioni telefoniche e ambientali che compongono l’ossatura dell’inchiesta coordinata dai pm Fabio Buquicchio e Michele Ruggiero. In una di quelle telefonate, Salvatore Buscemi, boss riconosciuto a Valenzano, parla con il suo amico Salvatore: «Se io volessi fare l’usuraio, gli ho dato ventimila euro a “Piattina” .. Piattina ogni mese mi deve dare duemila euro, il dieci per cento. Ed il capitale rimane fermo. Se a te ti do’ diecimila euro, mi devi dare mille euro al mese».

Domenico: «Comunque ti devo dare diecimila euro?».

Salvatore: «Ebbè è logico».

Domenico: «È chiaro, è normale».

Salvatore: «E che faccio, il piastrellista? Tu se vieni da me è perché non li puoi avere dagli altri, giusto?».

A supportare l’ipotesi investigativa, ci sono le dichiarazioni di un imprenditore edile, che ha raccontato ai carabinieri di come fosse vessato e minacciato da Buscemi, per la restituzione di un debito usuraio contratto. Ma Buscemi, consapevole di incorrere in possibili sequestri, si organizza per un finto lavoro e un finto stipendio, per giustificare il tenore di vita. A dargli manforte è sua madre: «E come mangi tu?», lui risponde: «E Caterina (ndr, sua moglie) la disoccupazione … la consuma. Ma io prendo il fitto della casa, 500 euro». Il consiglio della mamma è prezioso: «Quella è donazione, vero? Voi siete in comunione di beni? Separazione di beni? Se è la separazione te la devi intestare tu, ma io sto pensando a qualcuno … nessuno se la deve intestare».

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