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Codice rosa, l’Asl Bat accelera: medici e psicologi potranno intervenire per allontanare i violenti

La vicenda di Vincenza Angrisano ha scosso molte coscienze: l’evento drammatico ha dato anche uno sprint all’attivazione nella Asl Bat, e in particolare nel pronto soccorso dell’ospedale “Bonomo”, del cosiddetto “Codice Rosa”.

Il 24 novembre 2017, con decreto del presidente del consiglio dei ministri, sono state emanate a livello nazionale le linee guida per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza: obiettivo è fornire un intervento adeguato e integrato nel trattamento delle conseguenze fisiche e psicologiche che la violenza maschile produce sulla salute della donna.

Il Codice Rosa in particolare è un percorso di accesso al pronto soccorso riservato a tutte le vittime di violenza, in particolare donne, ed eventualmente i bambini coinvolti: esso prevede precise procedure di allerta e attivazione dei successivi percorsi territoriali, nell’ottica di un continuum assistenziale e di presa in carico globale.

Ad Andria il tavolo tecnico sull’abuso nei confronti dei minori e sulla violenza di genere, che mette insieme operatori dei Servizi sociali, operatori sanitari e Forze dell’ordine, è attivo dal 2009, coordinato dal dottore Giuseppe De Robertis: il 6 dicembre 2022, durante una riunione con la Asl Bat, era stato definito come obiettivo prioritario lo studio del protocollo per l’attivazione di queste linee guida, e dunque era stato creato un gruppo di lavoro per declinare le azioni previste in ambito locale. Poi dalla Asl era arrivato l’invito ad estendere lo studio delle procedure non solo al nosocomio andriese, ma a tutti i pronto soccorso della provincia, con un rallentamento delle attività inevitabile.

Ora la tragedia di Vincenza potrebbe costituire un punto di svolta: già entro la fine del 2023 potrebbe diventare attivo il protocollo al “Bonomo”. Che cosa prevede questo “Codice Rosa”? Poniamo il caso che una donna si presenti in pronto soccorso con traumi o ferite “particolari”: il medico che effettua la diagnosi differenziale, anche se la donna afferma – come accade nella maggioranza dei casi – che sia vittima di un incidente, e che sospetta il maltrattamento in atto, chiede una consulenza psicologica. Il lavoro di equipe deve portare alla valutazione della compatibilità tra quanto raccontato dalla donna e quanto riscontrato a livello fisico.

Laddove si riscontri la possibilità che le ferite siano state procurate dal coniuge o dal compagno, e se la donna è disponibile a farsi aiutare, si possono attivare le procedure immediate per l’allontanamento dalla dimora e la presa in carico degli assistenti sociali con collocamento in casa rifugio. La vittima avrà poi tempo (da 6 mesi a 1 anno) per effettuare una denuncia, l’atto che forse spaventa di più. Esiste infatti ancora lo stereotipo, cosa che aveva lamentato perfino Vincenza, che i servizi sociali possano allontanare solo i figli, motivo per cui tante donne purtroppo tacciono e abbassano la testa.

Una cosa importante prevista dal “Codice rosa”, inoltre, è la ricerca sugli accessi pregressi al pronto soccorso per traumatismi o lesioni: se una donna si presenta diverse volte con ferite tutte “accidentali”, il medico ha la facoltà di attivare il percorso studiando anche le cartelle precedenti. La “recidiva” diventa indicatore chiaro di violenza ripetuta: e chissà se Enza avrebbe potuto salvarsi dal suo carnefice, qualora questo protocollo fosse stato già attivo anche ad Andria.

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