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venerdì 4 Ottobre 2024
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Lupara bianca a Canosa di Puglia tra il 2003 e il 2015: cinque persone condannate all’ergastolo

La Corte d’assise di Trani ha inflitto cinque ergastoli a carico di altrettanti imputati nel processo sui quattro casi di lupara bianca compiuti a Canosa di Puglia tra il 2003 e il 2015 nell’ambito di regolamenti di conti per il controllo del mercato della droga.

Si tratta dei presunti autori e mandanti arrestati nel novembre del 2021.

Degli imputati, Sabino Carbone, di 42 anni, è stato condannato all’ergastolo con tre anni di isolamento diurno per tre anni per gli omicidi di Sabino D’Ambra, scomparso il 14 gennaio 2010, di Giuseppe Vassalli, scomparso il 18 agosto 2015, di Sabino Sasso e Alessandro Sorrenti, di cui si sono perse le tracce il primo dicembre 2003; Daniele Boccuto dovrà scontare il carcere a vita con isolamento diurno per 18 mesi per l’omicidio e la distruzione di cadavere di Vassalli, reati commessi con le aggravanti della premeditazione e del metodo mafioso; ergastolo anche per Cosimo Damiano Campanella, di 84 anni, con isolamento diurno per un anno; carcere a vita e isolamento diurno per due anni e due mesi per Cosimo Damiano Campanella, di 41 anni, nipote omonimo dell’84enne considerato in concorso responsabile degli omicidi D’Ambra, Sasso e Sorrenti; è stata inflitta la pena dell’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi anche per Cosimo Zagaria, di 40 anni, per l’omicidio Vassalli.

Nel processo è imputato anche Pasquale Boccuto che è stato condannato a 10 anni e sei mesi di reclusione per estorsione, detenzione e porto di arma da guerra con le aggravanti dell’uso dell’arma, del metodo mafioso e della recidiva.

Vassalli, secondo la ricostruzione accusatoria della Dda di Bari, sarebbe stato ucciso e fatto sparire perché «in rapida ascesa sul mercato canosino della droga e deciso a sottrarsi al predominio di Sabino Carbone». Anche Alessandro Sorrenti e Sabino Sasso, cognati tra loro, sarebbero stati uccisi perché volevano una fetta di mercato nello smercio di droga a Canosa. I loro cadaveri sarebbero stati dati alle fiamme e le ceneri disperse con l’aiuto dell’84enne. D’Ambra, invece, sarebbe stato ammazzato perché ritenuto confidente della polizia.

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