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mercoledì 25 Settembre 2024
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Scontro tra treni sulla Andria-Corato: attesa per la sentenza. La figlia di una vittima: «Oggi verseremo lacrime»

È in corso l’udienza del processo per il disastro ferroviario del 12 luglio 2016 avvenuto lungo la tratta Andria-Corato gestita da Ferrotramviaria.

Il procuratore della Repubblica, Renato Nitti, ha chiesto al Tribunale di Trani di confermare nella sentenza prevista per oggi le conclusioni già formulate dalla pubblica accusa.

Nello scontro frontale tra due treni, determinato, secondo l’accusa, da un errore umano e da mancati investimenti per la sicurezza, morirono 23 persone e altre 51 rimasero ferite.

I treni, l’Et1016 proveniente da Corato e l’Et1021 proveniente da Andria, viaggiavano su un binario unico alternato regolato col sistema del blocco telefonico, ritenuto dal pm Marcello Catalano «non sicuro ed obsoleto».

Un sistema in base al quale i capistazione si scambiano dispacci per autorizzare la partenza dei treni verso la stazione successiva. Fu così che dalla stazione di Andria fu concesso alle 10:45 il via libera per la partenza dalla stazione di Corato dell’Et1016 e, senza aspettare l’arrivo di questo convoglio nella stazione di Andria, fu fatto partire alle ore 11 l’Et1021 verso Corato. L’impatto ad alta velocità tra i due convogli fu inevitabile.

Dopo la strage, la circolazione sulla tratta fu bloccata ed è ripresa solo il 3 aprile scorso. I binari ora sono due e sono dotati di moderni sistemi di sicurezza automatizzati.

Il pm ha chiesto 15 condanne a pene comprese tra i 12 e i 6 anni di reclusione e un’assoluzione. Ai vertici della società sono contestate una serie di violazioni dei doveri di coordinamento, organizzazione, direzione e controllo che avrebbero contribuito al verificarsi del disastro ferroviario. Per Ferrotramviaria è stata chiesta la sanzione amministrativa di 1,1 milioni, oltre alla revoca delle autorizzazioni, licenze e concessioni per l’esercizio dell’attività (fra cui il certificato per la sicurezza) per un anno, oltre alla confisca di 664.000 euro, somma che – secondo l’accusa – la società avrebbe dovuto investire per mettere in sicurezza la tratta con la realizzazione e l’uso del blocco conta assi sulla Corato-Barletta. Accuse che sono respinte dalle difese.

«Anche se sono sette anni che aspetto questo momento, non si è mai abituati. Non vedi l’ora, ma adesso ho paura. Mio padre non tornerà più, mi hanno tolto la possibilità di salutarlo, però ho sempre pregato che un giorno potesse arrivare una giustizia vera in cui i colpevoli vengano giudicati come colpevoli», ha detto Daniela Castellano, figlia di Enrico, morto nel disastro ferroviario. «Oggi ho paura che i mie sogni possano essere infranti. Magari sbaglio – ha detto Castellano ai cronisti a margine dell’udienza, che oggi dovrebbe concludersi con la sentenza -, ma umanamente è una cosa che fa male». Anche con una sentenza di condanna «non sarà – ha concluso – una vera felicità, ma una felicità amara: vi assicuro che oggi si verseranno molte lacrime».

Il pm Marcello Catalano ha concluso le replice della pubblica accusa affermando che «è insopportabile che siano morte 23 persone per un risparmio di 664mila euro. È insopportabile anche sentire dire alle difese che il pubblico ministero e i suoi consulenti vivono nel metaverso, perché nel metaverso non ci sono i morti».

La somma di 664mila euro è quella, secondo l’accusa, che Ferrotramviaria non investì per mettere in sicurezza la tratta con la realizzazione e l’uso del blocco conta assi che avrebbe impedito la tragedia perché avrebbe reso tecnologica quella parte della rete ferroviaria (fino ad allora affidata al solo controllo umano con il blocco telefonico) e avrebbe evitato lo scontro frontale tra i due treni.

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