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domenica 13 Ottobre 2024
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«Non siamo illegali»: a Brindisi dilaga la protesta per il decreto contro la cannabis light

La “sicurezza” che mette a rischio centinaia di posti di lavoro nel comparto agricolo e di trasformazione: è il nodo della protesta che ieri ha animato la protesta andata in scena davanti alla Prefettura di Brindisi, dove una piantina di canapa, bagnata dalla pioggia, stazionava solitaria davanti allo striscione “non siamo illegali”. Un nuovo decreto classifica il CBD a uso orale tra gli stupefacenti, mentre un emendamento alla legge sulla sicurezza rischia di spazzare via l’intero settore della canapa industriale. A organizzare, la Cgil supportata da imprenditori e (pochi) politici, tutti ricevuti dalla viceprefetta Maria Antonietta Olivieri che ha promesso di inviare il documento al Governo.

Solo ideologia

«Contestiamo un provvedimento – ha dichiarato Antonio Macchia, segretario provinciale Cgil – da parte del Governo che distrugge una filiera virtuosa, quella della cannabis light, che rispetta l’ambiente, dà lavoro a tantissime persone e soprattutto trova scopi scientifici perché viene utilizzata in medicina e non ha nulla a che vedere con la questione delle droghe leggere, Il governo sfrutta un fatto ideologico che non trova riscontro nella realtà: stiamo parlando invece di una coltivazione che trova tante applicazioni, anche in edilizia: l’assurdità è che l’Europa consente questo tipo di mercato. Se l’emendamento dovesse passare, si distruggerà l’investimento degli imprenditori e anni di lavoro: si potrebbero anche aprire le porte a una procedura di infrazione a livello europeo. Questo è un territorio che ha bisogno di lavoro buono, abbiamo uno tsunami demografico con i giovani che vanno via».

Il lavoro in fumo

«Dal punto di vista dei produttori – attacca Antonio Letizia di Hemp Light -con questo decreto vengono meno i posti di lavoro che abbiamo creato noi con la filiera della canapa e blocca tutti gli investimenti negli ultimi anni: i nostri timori sono che vada tutto in fumo, con i nostri sacrifici, con la produzione attuale che non sappiamo se raccogliere o bruciare».

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