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sabato 27 Luglio 2024
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Corruzione elettorale, i fratelli Perrelli smentiscono Sandrino: «Lui e Defrancesco si vedevano ancora»

Dopo Armando Defrancesco, il primo “corvo” dell’affaire Sandrino, sono ora i Perrelli ora a inguaiare Sandro Cataldo, il leader di Sud al Centro, agli arresti domiciliari dal 4 aprile scorso per concorso in corruzione elettorale nell’ambito di una maxinchiesta sulla compravendita di voti nei comuni di Bari, Triggiano e Grumo Appula.

Le loro dichiarazioni, rese dinanzi alla giudice Paola Angela De Santis, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, smentiscono (secondo la stessa gip) la versione fornita invece da Cataldo durante l’interrogatorio di garanzia. E tutto viene riportato nel provvedimento con cui respinge la richiesta di revoca della misura, presentata dall’avvocato di Sandrino, Mario Malcangi.

«Le circostanze univocamente descritte dai germani Perrelli (ndr, Piergiorgio Andrea e Alberto Leo) – scrive – sconfessando di fatto sia la genuinità del file la cui trascrizione Cataldo ha prodotto nel corso dell’interrogatorio di garanzia, che l’interruzione dei rapporti tra costui e il Defrancesco. D’altra parte, Cataldo (che nell’interrogatorio afferma che quest’ultimo “dice un sacco di fesserie”), non solo non lo allontana, ma anzi lo frequenta assiduamente e lo coinvolge in plurimi contesti, politici e lavorativi».

La giudice, a proposito di quel file, si riferisce a una “prova” che Sandrino aveva prodotto in sua difesa, e cioè la trascrizione di una intercettazione ambientale, di un dialogo registrato grazie a un investigatore privato, tra Cataldo e Defrancesco, il 12 marzo scorso, nel quale di fatto si sconfessava l’accusa portata da Defrancesco, nel 2021 al finanziere Gerardo Leone, che dava il via all’indagine.

Per la gip, quel file, tutto quel dialogo, il modo in cui fosse stato captato, è «artatamente concordato con il suo correo Defrancesco (soggetto a lui legato da frequentazione assidua e permanente) anche in ragione del tenore del dialogo e delle frasi utilizzate».

E, a riprova della tesi, la giudice fa riferimento ai rapporti «familiari e di risalente complicità tra i due, non smentiti neanche da Cataldo nel corso dell’interrogatorio di garanzia (tali da implicare, se non che lo chiamasse “figlioccio” come risulta dal profilo Facebook, quantomeno che gli consentisse, come sostenuto, che fosse egli stesso a gestire il suo profilo social». Sulle pagine social dei due così risultano: Defrancesco è “figlio” sul profilo di Cataldo, e viceversa Cataldo “padre” sul profilo di Defrancesco. Una circostanza che lo stesso Sandrino ha così spiegato: «La pagina Facebook me l’ha creata lui, perché io non avevo tanta dimestichezza quando misi su la pagina Facebook. Poiché, insomma, era una persona che comunque spesso me lo ritrovo fra i piedi, chiesi a lui … Mi considerava il suo padrino perché doveva fare la Cresima, voleva cresimare sua figlia che aveva scoperto di avere, e diceva sempre che aveva il desiderio di farmi fare il padrino di Cresima». A domanda della giudice «ha altri figliocci?», risponde: «Tantissimi».

E poi, nel corso dell’interrogatorio, ammettendo di essere il leader di Sud al Centro, la summa: «Preferisco la politica indiretta».

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