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domenica 8 Settembre 2024
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Corruzione nella Protezione civile in Puglia, il giudice: «Lerario ha mercificato la funzione pubblica»

Sono state pubblicate le motivazioni della sentenza con cui, a marzo scorso, il gup di Bari, Alfredo Ferrario, ha condannato, nel processo con rito abbreviato, l’ex dirigente della Protezione civile pugliese, Mario Lerario a 5 anni e 4 mesi di reclusione, e l’imprenditore Luca Ciro Giovanni Genovese a 4 anni.

Lerario è stato riconosciuto responsabile di aver ricevuto una tangente da 10mila euro da Leccese e un’altra da 20mila dall’imprenditore Donato Mottola, che ha scelto di essere giudicato con rito ordinario.

«Le modalità di tale dazione sono chiaramente dimostrative di pregressi accordi e della conseguente consapevolezza, da parte del Lerario, di ciò che stava ricevendo – si legge nelle motivazioni -. Tale aspetto, tutt’altro che secondario, denota da un lato la consapevolezza dell’illiceità della condotta, dall’altro la coscienza e la volontà di mercificare la propria funzione, adottando atti contrari alla legge dietro il corrispettivo di denaro».
La “dazione” a cui fa riferimento il giudice è proprio quella mazzetta da 10mila euro pagata da Leccese che, a dicembre 2021, fece scattare l’arresto in flagranza di reato.

«Il sistema posto in essere dal Lerario e avvallato dal Leccese – prosegue il gup – ha creato una vera e propria distorsione della funzione pubblica, ossidando cattive pratiche in virtù delle quali per ottenere gli incarichi si doveva pagare il Direttore». Un «patto corruttivo stabile e duraturo, alla stregua di un sistema», nel quale spicca il «modus operandi del tutto avulso dalle normali condotte di un dirigente pubblico» di Lerario, impegnato in più occasioni in operazioni di «bonifica» dell’ufficio e dell’auto per evitare intercettazioni.

«Tali condotte – si legge ancora – possono in effetti sorgere solo in capo a chi è consapevole di porre in essere delle irregolarità. Una così profonda attenzione finalizzata a eludere eventuali intercettazioni non può che essere valorizzata nel senso di coscienza del disvalore delle proprie condotte, soprattutto se l’epilogo è costituito dalla ricezione di una mazzetta», scrive ancora il gup.

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