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martedì 15 Ottobre 2024
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Evasione e regioni, Puglia sul podio dei “furbi”: per 100 euro incassati ne vengono evasi 20

Nel Mezzogiorno vengono evasi 20 euro ogni 100 incassati. In Puglia esattamente 19,2 euro, in Campania 20 e in Calabria 21,3. Il centro studi della Cgia di Mestre ha fatto i conti alle tasse pagate dagli italiani evidenziando squilibri territoriali ma anche tra categorie. Evidenzia, in particolare, come il sommerso economico abbia una incidenza diversa sulla ricchezza prodotta dal territorio: 9,2 per cento a Nordovest, del 9,8 per cento a Nordest, sale al 12 per cento al Centro e raggiunge il 16,8 per cento nel Mezzogiorno.

Il confronto dei dati regionali diventa eclatante se confrontato ad altre regioni: in Friuli Venezia Giulia, ad esempio, sempre su 100 euro incassati, se ne evadono 10,6 mentre in Provincia di Trento 10,2e in Lombardia 9,5 euro.

I dati e mostrano anche i risultati della lotta all’evasione che a livello nazionale ha permesso di recuperare 20 miliardi di euro nel 2022, così come annunciato dal Mef (ministero dell’Economia e delle Finanze).
«Tra il 2015 e il 2021 – spiegano i ricercatori della Cgia di Mestre – l’evasione in Italia è scesa di 16,3 miliardi di euro. Sebbene il 2020 sia stato un anno molto particolare a causa della pandemia, il tax gap stimato dal Mef è sceso a 89,8 miliardi di euro; di cui 78,9 sono ascrivibili al mancato gettito tributario e gli altri 10,8 miliardi sono il “frutto” dell’evasione contributiva».

Nonostante la cifra resti imponente, dunque, il Paese sembra abbia intrapreso la strada giusta per combattere quella che è a tutti gli effetti una piaga sociale. «Anche il leggero calo della pressione fiscale registrato in questi ultimi anni ha sicuramente avuto un effetto positivo sul fronte delle entrate», fanno notare dal centro studi che rimarca, però, anche la necessità di attenuare la pressione fiscale andando a “colpire”, contemporaneamente, i grandi colossi del web.

«Se riusciremo a contrastare con maggiore incisività l’economia sommersa – si legge nel report della Cgia di Mestre – faremo pagare le tasse alle multinazionali del web e ai colossi dell’e-commerce presenti nel nostro Paese, riusciremo a incrociare in maniera efficace le 161 banche dati fiscali che possiede la nostra Amministrazione finanziaria e, infine, assisteremo a una seria riforma del fisco che tagli strutturalmente il peso del fisco su tutti i contribuenti, non è da escludere che nel giro dei prossimi 4/5 anni l’evasione fiscale presente in Italia potrebbe addirittura ridursi della metà, allineandosi così al dato medio europeo».

L’analisi della Cgia di Mestre si sofferma anche su quello che a suo dire sarebbe un pregiudizio: quello che dipendenti e pensionati paghino più Irpef rispetto ai liberi professionisti. «Se è palese che l’84 per cento dell’Irpef totale è versata all’erario da pensionati e lavoratori dipendenti – spiegano i ricercatori – ciò avviene perché queste due categorie rappresentano l’89 per cento del totale dei contribuenti Irpef presenti in Italia. L’altro 11 per cento circa, invece, è costituito da percettori di altre categorie di reddito. In particolare, i lavoratori autonomi sono l’8,5 per cento del totale dei contribuenti Irpef. Se si vuole dimostrare lo squilibrio del carico fiscale legato all’Irpef, la metodologia “corretta” sta nel calcolare l’importo medio versato da ciascun contribuente facente parte di ognuna delle tre principali tipologie che pagano l’imposta sulle persone fisiche: ovvero autonomi, dipendenti e pensionati».

Applicando questa metodica ai dati sui redditi relativi al 2019 (fonte Ministero dell’Economia e delle Finanze), la Cgia di Mestre sottolinea come emerga che i pensionati pagano un’Irpef netta annua di 3.281 euro, i lavoratori dipendenti di 4.061 euro e gli imprenditori/lavoratori autonomi di 6.026 euro.

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