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lunedì 30 Settembre 2024
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Finanziamento illecito per le primarie Pd del 2017: assolto Michele Emiliano

Il Governatore pugliese Michele Emiliano è stato assolto dalla giudice Alessandra Salvadori della sesta sezione penale del Tribunale di Torino dall’accusa di finanziamento illecito, nell’ambito della campagna per le primarie del Pd del 2017.

Condannato a quattro mesi e 20 mila euro di multa il suo ex capo di gabinetto, Claudio Stefanazzi, ora parlamentare Pd, ma per uno solo dei due episodi contestati. La stessa pena è stata inflitta all’imprenditore Vito Ladisa. Per entrambi sono state riconosciute le attenuanti generiche.

Assolto invece l’altro imprenditore, Giacomo Mescia. L’accusa aveva chiesto la condanna a un anno di reclusione per Emiliano e Stefanazzi, a otto mesi per i due imprenditori.

A margine dell’udienza, dopo la lettura del dispositivo, il difensore di Emiliano, l’avvocato Gaetano Sassanelli, ha commentato: «La sentenza di oggi è la pietra tombale sulle fandonie a carico del Presidente Emiliano che finalmente stacca la corrente al circuito del fango nel ventilatore, così tanto utilizzato a suo danno in questi lunghi 5 anni. Ma, naturalmente, com’è d’obbligo in Italia, nessuno risponderà di questi anni di informazione avvelenata, nonostante si siano rivoltati come un calzino la vita, i rapporti, gli affetti e l’intera esistenza del Presidente. Sono stati utilizzati gli strumenti investigativi più invasivi a disposizione della PG, perché forse qualcuno con il suo esposto anonimo ha cercato di guidare dall’esterno l’indagine, pensando così di sferrare un attacco finale e definitivo. Ma non aveva fatto i conti con la verità che, con la sua tenacia, alla fine ha avuto la meglio, dimostrando che la realtà era ben diversa. Qualcuno evidentemente pensava che lo squallido ed incostituzionale strumento dell’anonimo potesse essere uno strumento con cui scardinarne l’immagine».

«Sapevo sin dall’inizio di queste indagini durate 5 anni di essere completamente innocente. Il fatto che finalmente oggi lo abbia accertato il giudice mi dà una grande gioia, non tanto per me, ma per tutte le persone che mi vogliono bene e soprattutto per la Puglia che rappresento». È, invece, il commento del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, alla sentenza del Tribunale di Torino.

Il difensore di Vito Ladisa, l’avvocato Michele Laforgia, sottolinea che «la sentenza di primo grado ha – finalmente – accertato che Vito Ladisa non ha mai finanziato Michele Emiliano, come abbiamo sempre sostenuto e ampiamente dimostrato nel corso del processo. Quando leggeremo le motivazioni, cercheremo di capire com’è possibile che Ladisa sia stato ugualmente condannato per finanziamento illecito, un reato che non è stato commesso dal presunto beneficiario del contributo. E ciò nonostante sia stato altrettanto dimostrato, nel corso del processo, che il pagamento oggetto di contestazione ha riguardato una prestazione professionale documentata, soggettivamente e oggettivamente vera e reale, tanto che il reato fiscale è stato, a suo tempo, archiviato. Non so dire perché. Del resto uno dei padri della Costituzione repubblicana, Piero Calamandrei, ha detto che la giustizia è come la divinità, e si manifesta solo a chi ha fede. Noi continuiamo ad aver fede anche di fronte al Mistero. Ne riparleremo in appello», conclude Laforgia.

L’imprenditore barese afferma: «Rispetto le sentenze in silenzio senza “se” e senza “ma”… ricorreremo in appello».

«Apprendo con costernazione e sorpresa della decisione del Tribunale di Torino – commenta Claudio Stefanazzi -. Come ho sempre fatto in questi anni non commento questa decisione per il rispetto che nutro nei confronti della Magistratura. Peraltro le recenti archiviazioni delle innumerevoli inchieste cui sono stato sottoposto in 6 lunghi anni, confermano la mia posizione. Sono proprio il rispetto e la fiducia nei confronti della Magistratura che mi portano oggi a rinunciare alla prescrizione – dice -, che avverrebbe tra circa un anno, al fine di far prevalere la mia assoluta estraneità ai fatti contestati fino alla Suprema Corte di Cassazione, estraneità ampiamente provata documentalmente».

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