Home Puglia Foggia Foggia, il “business” dell’asfalto. Nei guai tre imprenditori

Foggia, il “business” dell’asfalto. Nei guai tre imprenditori

Guadagni, puliti, da un milione 200 mila euro, sfruttando terreni, inquinando l’ambiente e mettendo in tasca denaro derivante da affari illeciti. Su disposizione della gip Anna Perrelli sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di traffico illecito di rifiuti speciali, due imprenditori del Foggiano, che avrebbero operato nelle province pugliesi di Foggia, Bat, Bari e Brindisi: Antonio Valentino, nato a Lucera e residente a Volturino, di 43 anni, e il 46 enne Domenico Valentino, di Volturino. Un terzo imprenditore, Giulio Campana, 52 anni, è stato sottoposto all’obbligo di dimora nel comune di residenza, Cerignola.

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Noe, coordinati dal pm antimafia Marco D’Agostino e dal foggiano Marco Gambardella, anche grazie all’utilizzo di intercettazioni, i tre avrebbero imbastito una continuativa attività di traffico di rifiuti, costituiti da circa 120 mila tonnellate di “fresato d’asfalto”, proveniente dai cantieri per il rifacimento del fondo stradale dei 450 chilometri di statali in Puglia, gestite dall’Anas.
I rifiuti, raccolti dai due Valentino, sarebbero stati smaltiti illecitamente su fondi agricoli di proprietari compiacenti (tra cui Campana), senza aver ricevuto alcun trattamento preventivo che potesse consentirne il riutilizzo quale “conglomerato bituminoso” utile per asfaltare o materiale da riempimento, utile in campo edilizio o per attività di ripristino ambientale. Il fresato veniva, di fatto, caricato nei cantieri stradali su automezzi della società assegnataria dell’appalto Anas e poi smaltito illecitamente. I documenti di trasporto sarebbero stati sistematicamente falsificati, consentendo una trasformazione cartolare del rifiuto “fresato d’asfalto”, che avrebbe dovuto prendere la via della discarica, in “materiale inerte secondario”. Questo avrebbe consentito agli indagati un risparmio sui costi, mai sostenuti, per il trattamento e il successivo smaltimento dei rifiuti, quantificabile in circa un milione e 200 mila euro.
I militari, su disposizione della magistratura barese, hanno anche sequestrato due impianti per il trattamento di rifiuti delle società Valbit a Lucera (Foggia) e Paving Technology a Modugno (Bari), entrambe riconducibili ai due imprenditori arrestati.
Dalle intercettazioni che costituiscono corpo dell’inchiesta, emerge il modus operandi dell’organizzazione che poteva contare anche su altri proprietari di fondi e su autotrasportatori compiacenti (nell’indagine sono indagate altre 50 persone).
In molti casi, è emerso, i documenti di trasporto erano compilati in anticipo e poi consegnati ai camionisti che, invece di svuotare il carico nelle discariche più vicine ai luoghi dei lavori, si spostavano lungo la regione fino a Cerignola, per raggiungere il sito amico.
Da alcune intercettazioni telefoniche, i carabinieri del Nucleo specializzato hanno potuto ricostruire anche i rapporti di alcuni agricoltori, proprietari dei terreni sui quali venivano portati i rifiuti: «Io metto l’avvocato, diciamo, perché non si sa mai – dice uno all’altro, dopo aver appreso di un imminente controllo – Capito che ti voglio dire? Magari è venuto un camioncino, voglio dire che ha scaricato due sassi di macerie …». Lo consiglia l’amico, interlocutore telefonico: «Dì che è tutto riciclato, quello te l’ho messo io». D’accordo l’agricoltore: «C’è stato il fatto del Covid, che non sono riusiciti a spargerlo, capito che voglio dire io?».

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