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domenica 20 Ottobre 2024
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Le lacrime, i tulipani e l’agricoltura. Giuseppe Savino: «Vedevo la fine del progetto. Grazie per la solidarietà»

Un vecchio adagio recita: “Il contadino ha scarpe grosse e cervello fino”. E che Giuseppe Savino abbia cervello lo si capisce da quello che è riuscito a realizzare con “Cascina Savino”, un brand che ha conquistato l’attenzione internazionale, anche quando piange sui tulipani distrutti dalla grandine, suscitando un coro di commenti di quelli che, Franco Arminio, chiama gli “scoraggiatori militanti”, quelli che credono di avere il cervello più “fino” degli altri, ma forse è semplicemente finito sotto le scarpe grosse.

Dopo le lacrime tanta solidarietà, ma anche tante critiche, persino la “contadina” Lucarelli si è interessata al tuo caso?

«Ringrazio per la solidarietà, resto sorpreso per la cattiveria di certi commenti figlia del “non fare”, tipico della mia terra».

Le tue lacrime sono state lacrime da coccodrillo?

«Le mie lacrime non erano un’operazione di marketing, ma vera disperazione per un lavoro che andava distrutto. Non ho mancato di rispetto ai tanti agricoltori che soffrono e hanno le stesse disavventure, ma restano in silenzio. In quel momento vedevo la fine di un progetto e il tramonto di un’idea».

Non si poteva assicurare il campo di tulipani o magari costruire una serra?

«Sull’assicurazione ci abbiamo provato, ma ci è stato detto che non esistono dati di rischio sul nostro territorio per i tulipani. La serra sarebbe la negazione di un’idea: che faccio porto la gente nei campi o dentro un contenitore di metallo e plastica?».

Qual è la lezione di questa vicenda?

«Primo, la disponibilità della società che curava la vendita online dell’acquisto dei tulipani (4 per 10 euro, ndr), che restituirà i soldi senza trattenere le commissioni. Secondo, la tristezza di chi crede di essere più intelligente, svelando chissà quali manovre pubblicitarie».

Ma Giuseppe Savino è un ingenuo o un furbacchione?

«Sono un imprenditore che crede in un’idea innovativa dell’agricoltura. Non coltivo solo cereali, ortaggi o fiori, mi sento uno sceneggiatore della terra». Un postulato all’Arminio: offrire opportunità in un territorio che ha spesso braccia sfruttate e cervelli senza cuore.

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