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Mafia del Gargano, i carabinieri minacciati con i kalashnikov. Un indagato: «Ucciderò anche i bambini»

Un gruppo di almeno sei persone, armate di kalashnikov, avrebbero accerchiato una pattuglia dei carabinieri forestali impegnati nei controlli in una masseria di San Giovanni Rotondo nelle disponibilità di Pasquale Ricucci.

È uno degli episodi che emerge dalle oltre mille pagine del provvedimento cautelare notificato stamattina dalla Dda di Bari a 39 presunti esponenti della mafia garganica.

L’episodio sarebbe avvenuto il 13 aprile del 2017. Al loro arrivo nella masseria i militari avrebbero trovato tre auto, una delle quali sul tettuccio aveva un lampeggiante come quelli in uso alle forze di polizia. I carabinieri si sarebbero avvicinati e avrebbero visto alcune persone fuggire. Prima che potessero controllare la masseria, nella quale erano custodite delle armi, e che potessero chiedere rinforzi alla centrale operativa, sarebbero stati circondati da almeno sei uomini armati con kalashnikov e mitragliette. L’uomo alla guida del gruppo armato, sotto la minaccia delle armi, avrebbe costretto il carabiniere a interrompere la telefonata alla centrale operativa e ad andarsene con i suoi colleghi.

A raccontare del controllo è il collaboratore di giustizia Marco Raduano, che partecipò ai fatti.

I militari, emerge dagli atti e dalle annotazioni di servizio dei carabinieri minacciati, si allontanarono ma chiesero subito i rinforzi.

L’auto sulla quale stava fuggendo Ricucci venne intercettata, ma l’uomo riuscì a fuggire. Sarà fermato dopo qualche tempo e portato in carcere.

Dagli atti emerge anche che il narcotraffico è il vero motore del sodalizio mafioso smantellato, soprattutto nella florida città di Vieste. «Prendevamo i soldi con la pala… Renzo prendeva quasi 20mila euro al mese… 20 mila euro al mese… solo Renzo. Noi prendevamo 7-8 mila euro al mese», dice un indagato.

Ma emergono anche i propositi di vendetta degli indagati, impegnati in una faida senza fine che coinvolge clan rivali. Dice, intercettato, l’indagato Raffaele Palena parlando – riporta il gip – probabilmente di Michele D’Ercole del clan avversario dei Romito: «La famiglia gliela devo sterminare tutta… Tutti quanti devono morire… il cognome glielo devo cancellare… il cognome… maschi, femmine, bambini, tutti quanti». «Se mi devono sconfiggere a me – aggiunge – o mi devono dare l’ergastolo o mi devono trivellare (ndr, crivellare) che non devono trovare più i pezzi, altrimenti devono fare quello che dico io. Fra un po’ si deve mettere addosso l’Fbi però io non mi fermerò mai, mi possono fermare solo se finisce il mondo».

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