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San Severo, rabbia e dolore per il femminicidio di Celeste Palmieri: «Non è stata protetta»

Si era rivolta al centro antiviolenza “Il filo di Arianna”, Celeste Palmieri, uccisa venerdì scorso dal marito nel parcheggio di un supermercato a San Severo. Ma il sistema di tutele attivato dall’organizzazione non è stato sufficiente. Lo rivela una nota proprio del centro d’ascolto, che descrive lo scenario in cui è maturato il femminicidio di San Severo, oltre a condannare alcuni stereotipi sulle donne che vivono relazioni pericolose e gli “incagli” dei meccanismi che dovrebbero proteggerle.

La nota

«Se la vita di Celeste stava riprendendo valore – si legge nella nota – non dovevamo permettere che venisse spezzata dalla mano omicida di un uomo che non voleva perdere il suo giocattolo su cui rivolgere le sue manie di possesso. Dopo anni di vessazioni e un tentato omicidio Celeste si affida alla giustizia che non mette in galera l’autore del tentato omicidio, ma emette una misura cautelare, di divieto di avvicinamento di pochi metri, 150, violato più volte e un braccialetto elettronico che non ha funzionato. Ancora una volta il sistema giudiziario non ha tutelato». È un grido di dolore, quello lanciato dalle operatrici del centro, ma anche un monito e uno sprone.

La storia

Celeste Palmieri, raccontano, aveva inizialmente contattato la cooperativa “Il filo di Arianna”, che gestisce i centri antiviolenza degli ambiti territoriali di Lucera, San Severo, Vico del Gargano e Troia oltre a occuparsi della residenza di semi-autonomia “La casa di Roberta” a San Severo. Grazie ai consigli ricevuti, aveva poi scelto, nel maggio scorso, di iniziare un percorso presso il centro antiviolenza del capoluogo. I provvedimenti della magistratura e la disponibilità dei carabinieri, però, non hanno funzionato. Il divieto di avvicinamento del marito Mario Furio, 59enne, con il quale era in corso la separazione, avrebbe dovuto essere garantito dai braccialetti elettronici indossati dai due, che avrebbero avvisato i militari ogni volta che si l’uomo si avvicinava troppo a Celeste. Ma stavolta l’apparecchio al polso della donna aveva fallito: non aveva suonato avvisandola della presenza del marito. Erano stati i carabinieri della compagnia sanseverese a telefonarle, ma lei aveva già incrociato l’uomo nei corridoi del supermercato. La pattuglia inviata immediatamente sul posto non è arrivata in tempo per impedire il tragico gesto: l’uomo aveva già sparato alla moglie alla testa nel parcheggio, per poi raggiungere la sua auto e togliersi la vita. Celeste è morta poco più tardi al Policlinico di Foggia.

Gli appelli

La nota si chiude con diversi inviti. Il primo a non criticare la scelta di Celeste di non trasferirsi con i figli in una località più sicura: era la sua città e per tanti motivi non voleva allontanarsi. Poi a cambiare la cultura patriarcale, puntando decisamente alla parità di genere e alla prevenzione. L’ultimo appello è al “sistema giustizia” che «deve interrogarsi su come garantire realmente l’incolumità delle donne».

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